Firenze Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, 15 gennaio 2020 in streaming
LINDA DI CHAMOUNIX
Melodramma (semiserio) in tre atti di Gaetano Rossi
Musica di Gaetano Donizetti
Edizione critica a cura di Gabriele Dotto Casa Ricordi srl, Milano
con la collaborazione e il contributo del Comune di Bergamo e
Fondazione Donizetti di Bergamo
Nuovo allestimento
Maestro concertatore e direttore Michele Gamba
Regia Cesare Lievi
Scene e costumi Luigi Perego
Luci Luigi Saccomandi
Linda Jessica Pratt
Pierotto, giovane orfano savoiardo Teresa Iervolino
Carlo, Visconte di Sirval Francesco Demuro
Antonio, affttaiuolo, padre di Linda Vittorio Prato
Maddalena, madre di Linda Marina De Liso
Il Marchese di Boisfleury Fabio Capitanucci
Il Prefetto (Rettore) Michele Pertusi
L’Intendente del feudo Antonio Garés
Coro e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Era prevista a fine dicembre 2020, ma la Linda di Chamounix di Gaetano Donizetti ha inaugurato l’anno 2021 del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, senza pubblico, in allestimento scenico e trasmissione in streaming sul sito del Teatro dove rimarrà disponibile per un mese. Perdurando lo stato di emergenza sanitario, come annunciato dal sovrintendente, si spera che, quanto stia facendo il Teatro del Maggio, siano tutte prove di spettacoli da proporre prossimamente al pubblico: il teatro è un motore che deve restare sempre in movimento. Cast d’eccellenza per questo titolo che dal 1910 non veniva allestito a Firenze: sul podio il giovane maestro Michele Gamba e sul palco un cast con le voci di Jessica Pratt, Teresa Iervolino, Francesco Demuro, Vittorio Prato, Marina De Liso, Fabio Capitanucci, Michele Pertusi e Antonio Garés. Allestimento molto semplice gestito con le modalità di sicurezza per il coro (presente in forma da concerto ma in costume con spartito e dotato di mascherina di sicurezza, diretto da Lorenzo Fratini), come le comparse, funzionale alla comprensione del libretto che tratta di una vicenda, tra Alpi francesi e Parigi di inizio Ottocento di amori nascosti, disparità sociali e identità celate, come di potenti intesi a violar ragazze caste e pure. Non manca il momento di follia, di perdita di ragione, non patologica, ma transitoria fino al disvelamento dell’amore dichiarato che tutto rimedia. Nella storia traspare una vena di polemica sociale in quanto l’argomento portava alla luce i derelitti della società: i montanari savoiardi schiacciati dai ghiacci del Monte Bianco che d’inverno coprivano ogni fonte di sussistenza naturale, costretti a mandare i figli adolescenti verso i centri cittadini dove perdevano salute e dignità nel pulir camini intasati dalla fuliggine (i ragazzi) e vendere il proprio corpo per pochi soldi (le ragazze). La regia era firmata da Cesare Lievi (che avrebbe dovuto inaugurare lo scorso Festival del Maggio con Lo sposo di tre, e il marito di nessuna di Luigi Cherubini) regista bresciano di grande esperienza sia nella prosa che nella lirica con una lunga pratica di teatro in Italia, Austria, Germania e Usa, con particolare conoscenza del dramma tedesco del primo Ottocento. Linda di Chamounix, melodramma semiserio, venne infatti commissionata a Donizetti, per la stagione 1842 del Teatro di Porta Carinzia, Kärntnertortheater, di Vienna. Riscontrò fin da subito un grande successo poiché prendeva spunto da un dramma e una commedia molto popolari in Francia: “La grâce de Dieu” e “Fanchon la Vielleuse”, un feuilleton piuttosto inverosimile per lo stesso Donizetti, ma che si adattava ai gusti della corte asburgica, della quale lo stesso Donizetti era Kapellmeister. Si trattava di un argomento priva di implicazioni politiche o storiche ma basata esclusivamente sui buoni sentimenti e sulla celebrazione della virtù della protagonista, dove tutto finisce al meglio, tipico delle trame in auge nel teatro borghese di quei tempi. Merito del successo fu degli interpreti del debutto, del maggio 1842, con Eugenia Tadolini, protagonista, Felice Varesi, Antonio, Napoleone Moriani, Carlo, Mariella Brambilla, Pierotto. Una versione riveduta venne preparata per lo stesso autunno per Parigi con Fanny Tacchinardi Persiani, nel ruolo eponimo. Donizetti stesso in questo passaggio di ruoli adattò parti del canto alle richieste della nuova protagonista, inserendo per la Tacchinardi la scena di introduzione “O luce di quest’anima”, ma accorciando la scena della pazzia (o del delirio). Ripresa nuovamente dalla Tadolini, Donizetti lasciò quanto aveva inserito del nuovo, ma accomodando la linea del canto su tonalità più confortevoli rispetto alla linea di canto originaria, e riaperto la scena della pazzia. La tradizione ha optato per la versione più semplice. Titolo ritenuto di repertorio, divulgato nelle Edizioni popolari della Ricordi di fine ‘800, eppure con una presenza discontinua sui palcoscenici mondiali, nonostante raccolga una notevole documentazione discografica che permette di ricostruire la prassi esecutiva. La nuova edizione critica a cura di Gabriele Dotto, adottata per questa rappresentazione fiorentina, ha ripristinato la tonalità originaria più alta e la completa scena della follia con la frase iniziale “Nel silenzio della sera…Tornerem felici sposi.” che ripercorre il ricordo felice trasognato dell’amore di Linda per Carlo. E questo è stato certamente uno dei motivi di interesse di questa edizione, che si è affidata come protagonista al soprano Jessica Pratt, consolidata nel ruolo, ed ormai esperta nel dar voce alle “pazzie” musicali. Si attende, infatti, la prossima uscita di una sua antologia sulle pazzie nell’opera in collaborazione con l’Orchestra del Maggio Musicale sotto la direzione di Riccardo Frizza, tutte in versione musicologicamente rivedute e corrette nella loro interezza.
Presentandosi all’aria di sortita in modo molto prudente, prestando attenzione alle prese di fiato e al fraseggio, la Pratt, nel proseguo della rappresentazione, raggiunge una interpretazione più sciolta e sicura anche come azione scenica, firmando la sua prestazione con le modalità di canto a lei più consone, fatte di coloratura e di massima estensione nel registro acuto culminate nella scena della follia, qui nell’ inedita tessitura e completezza. Ma è stato il complesso del cast che ha decretato il gradimento di quei pochi presenti della stampa in teatro alla registrazione per lo streaming, nella domenica 10 gennaio. Francesco Demuro, tenore, ha mostrato sicurezza nel dar voce al Visconte Carlo, sicuro con gli acuti e fluido nel fraseggio con cui ha condotto con le sue arie e sostenuto le parti d’assieme con dizione chiara e nitida. Degna guida e sostegno alla Linda, persa e smarrita, il mezzosoprano Teresa Iervolino come Pierotto, personaggio en travesti di giovane montanaro, dal bel timbro scuro e morbido nel condurre le sue ballate di stile tyrolienne. Michele Pertusi, basso (Rettore/Prefetto) e il baritono Vittorio Prato (Antonio, padre di Linda) hanno particolarmente brillato come interpreti in ruoli specificamente narrativi con il basso che ha dato autorevolezza al suo ruolo di paterno e autorevole protettore della comunità di montanari. Peccato per Vittorio Prato l’eccesso di vetustà che la regia ha conferito al suo personaggio, ma ha saputo bene addentrarsi nel ruolo anche fisicamente oltre che vocalmente nella dimensione del padre angosciato nel dare sequenza specie alla scena del duetto con la figlia del secondo atto.
Il brillante baritono Fabio Capitanucci si è destreggiato come Marchese in un personaggio da precise connotazioni sia musicali che di carattere dei ruoli comici donizettiani. Autorevole il ritratto della madre di Linda, Maddalena, resa da Marisa di Lisio, mentre funzionale l’Intendente del feudo di Antonio Garés. Ricercata la direzione di Michele Gamba nel districarsi nella scrittura donizettiana qui ricca di cambi di ritmo, di melodie note, come di riferimenti alle musiche della tradizione alpina, non eccedendo nel ritmo incalzare degli assiemi. C’è una motivazione sull’Ouverture tagliata? Per la regia di Lievi null’altro da aggiungere se non per la sua lettura didascalica del libretto e per la complessa gestione delle masse che, come coro, appaiono come voci fuori campo pur in scena, ricche di movimento quelle di figuranti; attenta ai gesti degli attori impegnati anche in semplici, ma di effetto, azioni sceniche, con un abile gioco di controluce sulle scene di massa ad opera delle luci di Luigi Saccomandi. Impianto fisso scenico per il primo e terzo atto a cura di Luigi Perego che, nel secondo atto, supporta lo spaccato di quello che è la residenza di Parigi, piccola e raccolta in questo caso. Dal vivo si intravedevano le entrate in scena degli artisti, che il taglio delle riprese televisive ha compresso.
Le riprese video dello streaming sono state curate da Matteo Ricchetti che ha saputo restituire le giuste inquadrature alle scene senza eccessi di salti di immagine e veloci escursioni di campo. Il Maggio sta lavorando ad altri due progetti, ha detto il sovrintendente Pereira, è ciò vale a dire, al momento, di continuare il lavoro sulle nuove produzioni Rigoletto e Così fan tutte come accaduto per Otello e con Linda di Chamounix. Le prove dei due spettacoli procederanno fino alla generale per poi poter trasmettere in streaming una recita: per Rigoletto (direttore Riccardo Frizza e regia di Davide Livermore) l’appuntamento è per il 23 febbraio mentre per Così fan tutte (direttore Zubin Mehta e regia di Sven-Erich Bechtolf) il programma è di diffonderlo on line il 28 marzo. “Anche se il pubblico non può vederci tutti i giorni, la macchina del Teatro del Maggio corre lo stesso – ha chiosato Pereira – e noi saremo subito pronti alla riapertura”.