Milano | Teatro alla Scala | 22 febbraio 2024, ore 20
| Filarmonica della Scala | Stagione sinfonica 2023/2024
N.A. Rimskij-Korsakov Capriccio espagnol op.34
M. Ravel Concerto in sol per pianoforte
S. Rachmaninov Danze sinfoniche op. 45
Filarmonica della Scala | David Fray, pianoforte | Lorenzo Viotti, direttore
Un programma ricco “di luce e di danza” questo il commento del giovane direttore d’orchestra Lorenzo Viotti, nuovamente alla guida della Filarmonica della Scala: “… la successione Rimskij-Korsakov, Ravel e Rachmaninov è difficile e impegnativa per tutti ma ci sono colori e gioia”. Le scintille del Capriccio espagnol di Rimskij-Korsakov, danno il via al concerto. Rimsky-Korsakov ha viaggiato per il mondo come giovane ufficiale di marina, ma non ha mai messo piede in Spagna. Eppure, seguendo l’esempio di Glinka, compose il suo Capriccio espagnol, una suite in cinque movimenti basata su temi spagnoli. Un sipario attraente!
Viotti evoca la España russa di Rimsky con un gesto radioso e caldo, cui l’orchestra risponde convinta con altrettanta esuberanza solare. Romantiche alborade cantate dagli archi gravi si alternano a vivaci assoli di violino dal sapore gitano proposti da una sfavillante e ispirata Laura Marzadori; i violini sono strimpellati come chitarre, i fiati gareggiano in virtuosismi e le nacchere aggiungono l’ultimo ingrediente iberico. Viotti, con la sua elegante tecnica, fa danzare l’orchestra e con un ritmo indiavolato, il Fandango asturiano vola via dal palcoscenico.
Al centro della serata, il debutto nella stagione sinfonica della Scala del pianista David Fray, talento luminoso, duttile (dal prediletto Bach a Boulez), apprezzato in veste di solista e raffinato camerista e alle prese, questa sera con il Concerto in sol di Ravel. Fray esibisce un tocco sonoro coinvolgente, muscolare nei momenti più dinamici e appassionato nelle sezioni liriche dell’opera. Non si è trattato di un’interpretazione sentimentale, ma permeata da serietà d’intento, tanto che persino le sezioni “improvvisate” di jazz nel primo movimento si sono distinte per una ponderatezza piuttosto sorprendente. Seduto (sdraiato?!) sulla sedia, Fray ha lanciato brevi e rare occhiate al direttore e all’orchestra, pur adattando il suo gesto musicale a quello dell’orchestra tutta. Colpisce l’eleganza nel tessere il vaporoso filo melodico tra le armonie fluttuanti degli arpeggi della mano sinistra e i trilli di quella destra, per poi spezzarlo con i ritmi graffianti nei ruggenti registri bassi del grancoda. Nell’Adagio assai Fray riesce a sfoderare una sonorità suggestiva, accompagnato con grande sensibilità dall’orchestra. Ottimo il solo di corno inglese, questa volta su un controcanto in punta di piedi del pianoforte. Non pulitissimo l’incipit del Presto finale, subito riordinato dalla sapiente bacchetta di Viotti e dalla nitidezza del gesto pianistico. Viotti si è trovato nel suo elemento solare, tra i fuochi d’artificio orchestrali, mentre l’approccio deadpan di Fray è servito a sottolineare la deliziosa ironia della pagina raveliana, sebbene sia risultato a tratti distaccato. Un applauso prolungato, porta al Bis di Fray, che torna nel “suo” elemento con la celebre aria iniziale delle Variazioni Goldberg di J.S. Bach, una lettura introspettiva, meditativa e intima ma capace, più del Concerto, di destare l’attenzione e il grande apprezzamento della platea.
Il secondo tempo consiste nell’esecuzione delle Danze sinfoniche di Rachmaninov, ultima opera del compositore, che ormai viveva a Long Island, da tempo esiliato dalla natia Russia. Per certi aspetti Rachmaninov sembra guardare indietro. Cita opere precedenti come il motivo della Veglia di tutta la notte che qui danza o combatte con il tema del Dies irae. Alcune melodie sono malinconiche e struggenti, ma son trattate come danze e rivestite di un’esuberanza che conferisce all’opera un’atmosfera positiva. Viotti e la Filarmonica della Scala ne danno una lettura virtuosa, precisa ed energica e, soprattutto, finemente equilibrata. I cambi di dinamica non risultano mai eccessivamente bruschi, le fanfare squillano con sobrietà e i passaggi lirici non suonano mai troppo melodrammatici. Una pagina “moderna” ricca di tinte e timbri cangianti (tra cui spiccano il sassofono contralto e il clarinetto basso), a concludere una piacevole serata. Calorosi, infine, gli applausi per orchestra e direttore.