Fondazione Haydn di Bolzano e Trento
Teatro comunale di Bolzano | 17 marzo 2024, ore 17
Nothing is Written | PROGRAMM.A OPER.A 2023/24
Dorian Gray
Atto unico di Matteo Franceschini
Libretto di Stefano Simone Pintor tratto dal romanzo The Picture of Dorian Gray di Oscar Wilde
Dorian Gray Laura Muller
Basil Manuel Nunez Camelino
Sibyl Giulia Bolcato
Alan Alexadre Baldo
James Ugo Tarquini
Gladys Elena Caccamo
Harry Mathieu Debroca
Orchestra Haydn Orchester di Bolzano e Trento
direttore Rossen Gergov
Regia Stefano Simone Pintor | Scene Gregorio Zurla | Costumi Alberto Allegretti | Luci Fiammetta Baldiserri | Video Virginio Levrio
Commissione della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento
“Quali siano i peccati di Dorian Gray nessuno lo sa… li trova colui che li ha commessi.”
Con questa citazione ha inizio la nuova opera lirica ispirata al romanzo The Picture of Dorian Gray di Oscar Wilde. La composizione, edita da Casa Ricordi, è affidata a Matteo Franceschini e Stefano Simone Pintor, già autori di opere di teatro musicale contemporaneo di successo. Con questo nuovo titolo, i due artisti si pongono l’ambizioso obiettivo di sviluppare la riflessione di Wilde sul ruolo dell’arte nella nostra vita, proiettandolo nella società contemporanea, in preda a una profonda crisi di valori.
Nella narrazione di Wilde ritroviamo molte dinamiche umane che oggi sono dilagate, come la morale sempre più individualista e una vita sempre più frenetica, in cui il tempo è qualcosa da rallentare per permetterci di sperimentare tutto il possibile. Poiché sull’uomo il tempo si manifesta con il decadimento corporeo, la soluzione è quella di fermarlo nel momento della sua massima potenza biologica. Il risultato è un’ossessione per l’immagine, percepita come testimonianza della nostra giovinezza e della potenza umana, che vorremmo inesauribile. La bellezza estetica e materiale diventa allora il valore cardine, il mito moderno da perseguire. In questo senso, un’opera come questa rispecchia la nostra società e ce ne mostra i nostri vizi. Perché, citando Wilde, è lo spettatore, e non la vita, il vero specchio dell’arte. Ecco quindi la sfida di Franceschini e Pintor: creare un’opera corale che non sia il ritratto di un singolo individuo, chiamato Dorian Gray, ma di tutti coloro che si rispecchiano in lui, dai personaggi a noi stessi. La musica, al contempo fisica e impalpabile, diventa strumento ideale per riscoprire questa bellezza immateriale, da contrapporre a quella materiale.
Centrale, ovviamente, la figura enigmatica di Dorian Gray, affidata all’eleganza di Laura Muller, mentre una grande cornice domina la scenografia.
Nel corso dell’opera è costante l’elemento delle cornici vuote in cui l’arte si mescola alla vita dei personaggi che riflettono gli eccessi, le ambizioni smodate e gli inevitabili fallimenti della società contemporanea. Le quinte si aprono appena, rivelando scene divise in sei capitoli che si susseguono sul palco con un approccio che si avvicina ad una serie noir che potremmo trovare facilmente su Netflix. Sei storie che si sovrappongono, con flashback e intrecci vari, in un gioco di illusioni e doppie identità, raccontando dal punto di vista dei singoli personaggi, le conseguenze reali dei comportamenti estremi.
L’Iper-spartito senza tempo di Matteo Franceschini non accompagna la scena, ma delinea i personaggi che prendono forma attraverso voci giovani, nitide e malleabili, che ben si adattano alla cifra stilistica della partitura. A convivere sul pentagramma troviamo strumenti acustici e sequenze elettroniche che si integrano con l’orchestra, manipolandone i diversi timbri. Si intuisce un’ottima preparazione del giovane cast, risultato molto efficace sia in termini musicali che attoriali. L’Orchestra Haydn offre una lettura molto solida e nel complesso credibile della difficile partitura, sotto la precisissima bacchetta di Rossen Gergov, millimetrica anche nella gestualità tra buca e palcoscenico. Unica pecca (purtroppo non irrilevante) l’amplificazione, evidentemente complessa da gestire nei diversi equilibri tra cantanti, orchestra in buca e sequenze elettroniche.
Ad ogni modo, in un incessante e angosciante crescendo musicale e teatrale, inevitabile è il coinvolgimento teso a provocare, smuovere il pubblico, forse vero protagonista dell’opera. “È lo spettatore, e non la vita, che l’arte veramente rispecchia”, così scrive Wilde nella prefazione del suo Ritratto, e così veniamo letteralmente accecati dal riflesso della platea, di noi stessi.
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