di Luca Sozio *
Padova, Sala dei Giganti di Palazzo Liviano, Martedì 26 settembre 2023 ore 20.45.
Festival Pianistico Internazionale “Bartolomeo Cristofori”.
Leonora Armellini, pianoforte.
Sold out per il “Salottissimo” di F. Chopin, interpretato da Leonora Armellini.
Si è tenuto la sera del 26 settembre, il concerto di chiusura del festival pianistico internazionale “Bartolomeo Cristofori” che da molti anni regala a Padova, città natale del famoso cembalaro, una rassegna di concerti di alto valore musicale.
Protagonista assoluta della serata Leonora Armellini, figlia d’arte, pianista padovana di fama internazionale, che si è cimentata in un programma interamente dedicato al compositore polacco Friedrich Chopin. Chi meglio di lei, che nel 2021 ha conquistato il 5° premio al prestigioso concorso pianistico di Varsavia, dedicato al compositore, eleggendola inoltre prima donna italiana ad affermarsi alle vette della competizione.
L’introduzione al concerto è stata affidata inizialmente al Presidente dell’Associazione Gian Paolo Pinton, con la consegna al sindaco di Padova Sergio Giordani di un libro contenente lo storico di tutte le passate edizioni del Festival fino ad oggi. Il Direttore Artistico Alessandro Tommasi ha poi introdotto il programma scelto per la serata, non limitandosi a una semplice lettura dei titoli, ma regalando al pubblico delle brevi ma efficaci nozioni su ogni pezzo, definendo simpaticamente questo concerto come “Salottissimo”, curioso neologismo che ben si presta a descrivere l’ambientazione ricreata dalla cornice nella bellissima Sala dei Giganti.
Ad aprire il concerto il Rondò op. 1, prima composizione del catalogo pubblicata nel 1825, che Chopin dedicò a “Madame de Linde”. Questa composizione nel 1832 finì anche nelle mani di Robert Schumann che lo segnalò al suo insegnante, a chiara testimonianza di come il giovane Chopin dimostrò da subito un grande talento compositivo, non passando inosservato dai suoi contemporanei. Un Rondò inizialmente dal carattere brillante questo, dove la pianista ha dimostrato da subito il bel suono che caratterizza il suo sapiente tocco, messo ancora più evidenza nelle sezioni più cantabili e drammatiche del pezzo, quasi sempre costellate da gruppetti vezzosi che ne abbelliscono le pagine come fiocchi di raso.
Il brano successivo del concerto ha calato il pubblico in un salotto dell’800, dove risuonavano i temi più in voga dell’epoca, con lo scopo di divertire i presenti catturandone l’attenzione con i fili di qualcosa di a loro già ben conosciuto. Così è accaduto anche già dalle prime note di queste Variazioni in La maggiore intitolate “Souvenir de Paganini” (op. postuma) dove un leggero mormorio del pubblico ed alcuni sorrisi hanno sottolineato come gran parte dei presenti avessero riconosciuto immediatamente il famosissimo tema del Carnevale di Venezia, già più volte rimaneggiato da predecessori di Chopin in mirabolanti “tema e variazioni”, per svariate compagini strumentali. Come prevede questo genere, dopo un’esposizione, in questo caso molto personale, del tema, cominciano a susseguirsi diverse variazioni disegnate in particolar modo dalla mano destra della pianista, che ha saputo sottolineare ogni nota desiderata con sapiente leggerezza.
Il concerto è proseguito sulle note del maestoso “Allegro de concert”, op. 46 in La maggiore.
Da subito questa impegnativa composizione si differenzia in modo evidente dal resto del programma, di produzione più cameristica, per le sonorità molto decise ed un virtuosismo più esposto, cosa che subito fa pensare ad una sua diversa destinazione, magari affiancata da una compagine orchestrale. Difatti, nonostante non ci siano giunte testimonianze in merito, è comune ritenere questo come un possibile primo movimento pensato dal compositore per un probabile terzo concerto per pianoforte ed orchestra. Ricordiamo infatti che solo due concerti ci sono stati regalati da Chopin. Leonora Armellini ha dimostrato una grande maturità musicale, la sua esperienza in questo repertorio è emersa anche nel saper ben differenziare ogni genere compositivo di questo concerto. A seguire le divertenti due Bourrèes, il nostalgico “Feuille d’album” e i frizzanti Galop e tre “Ecossaises”. A chiudere la prima arte di questo concerto è stato l’“Andante spianato et Grande polonaise brillante”, Op. 22 del compositore, un pezzo molto impegnativo sia dal punto di vista interpretativo che tecnico, cosa che si può facilmente evincere già dal suo titolo.
Dopo un breve intervallo, il Valzer il La minore (op. postuma) seguito dal “Grande Valse Brillante”op.18, aprono le porte alla seconda parte del concerto. I brani scelti per questa sezione conclusiva hanno catturato l’attenzione del pubblico anche meno esperto. E’ sopratutto questo il caso dei celeberrimi tre notturni op. 09, ampiamente utilizzati anche nella cinematografia moderna. L’ascoltatore colto non può esimersi nel riflettere sull’uso del rubato nella produzione chopiniana, grazie a queste composizioni dalla forma libera, che lasciano al pianista ampia manovra interpretativa. Molti esperti hanno provato a descrivere questo fenomeno fortemente “romantico”, che si traduce inevitabilmente in un problema di natura anche tecnica, per il pianista. Forse colui che meglio ha saputo codificarlo, fu il grande il grande F. Liszt che lo spiegò con queste parole: «Guardate quegli alberi: il vento gioca con le foglie, le fa ondeggiare; ma l’albero non si muove. Ecco il rubato chopiniano». Ultimo brano della serata è stato l’iconico Scherzo n.2 op. 31. Anche grazie a questa composizione si può riflettere su come il processo creativo di Chopin partisse quasi sempre dall’improvvisazione, che maturava di giorno in giorno, pezzo per pezzo, seguendo lo stato d’animo del pianista, così mutevole come ogni animo umano e come la sua musica rispecchia alla perfezione.
Conclusosi tra scroscianti applausi, l’entusiasmo del pubblico presente ha invitato Leonora Armellini a regalare ancora due piccoli bis firmati questa volta S. Prokofiev: “Frate Lorenzo” dai 10 pezzi da “Romeo e Giulietta” op. 75 e “Marcia dall’Amore delle Tre Melarance” op.33 ter, quest’ultimo un pezzo molto in voga nel secolo scorso ed usato spesso da Arthur Rubinsten come bis ai suoi concerti. La città di Padova si è dimostrata nuovamente molto legata alla talentuosa pianista di casa.
*Luca Sozio è nato nel 1990 a Rovereto (Italia), ed è diplomato in Flauto e Canto. Intrapresi gli studi musicali, ottiene il diploma di Flauto in soli cinque anni presso il Conservatorio “F. A. Bonporti” di Trento (sezione di Riva del Garda) sotto la guida di Pier Luigi Maestri. Nella stesso anno consegue lo stesso titolo in Canto sotto la guida di Daniela Longhi. Sempre attivo in ambito concertistico, si è esibito come solista con l’”Orchestra del
700” e la “Camerata Accademica” del Conservatorio “C. Pollini” di Padova.
Collabora stabilmente con orchestre quali la “Sperimentale” e la “Gaga Symphony
Orchestra” di Padova, la “Camerata Musicale” di Arco (TN), la “Venice Chamber
Orchestra”, esibendosi in prestigiose sale da concerto come il “G. Verdi” di Padova,
la Basilica dei Frari a Venezia.Viene premiato assieme a Monica Maranelli e Davide Bonomo nella sezione di Musica da Camera del VII° Concorso Nazionale di Esecuzione Musicale “Città di Piove di Sacco”. Negli anni ha frequentato corsi di perfezionamento (Masterclasses) con Maestri quali Michele Marasco, Pirmin Grehl (Principal Berliener Symphoniker), Robert Winn, Rien de Reede (Royal Concertgebouw di Amsterdam), Thies Roorda (Dutch Radio Philharmonic Orchestra), Paolo Taballione (Bayerische Staatsoper di Monaco), Juliette Hurel (Rotterdam Philharmonic Orchestra), Claudio Montafia (Filarmonia Veneta), Andrea Oliva (Orchestra Santa Cecilia di Roma). Nel 2012 viene accettato
alla “Fontys Hogeschool voor de Kunsten” di Tilburg (Olanda) per il progetto ERASMUS, proseguendo gli studi flautistici con Leon Berendse (Netherlands Philharmonic Orchestra) e Edith Van Dyck (Royal Flemish Philharmonic). Nel 2015 riceve l’idoneità al Master Arts presso la prestigiosa Musikhchschule Luzern, in Svizzera.