Musica

Rovereto. Humanitas festival Settenovecento si confronta con la musica russa

ROVERETO, SALA FILARMONICA 23 giugno, ore 20.45
ANIMA RUSSA | il festival in prima serata
HUMANITAS. SETTENOVECENTO 7a ed.
B. Bettinelli, Due invenzioni per orchestra d’archi
D. Šostakóvič, Sinfonia da camera op. 110a
P.I. Čajkovskij, Serenata per archi op. 48
Archi dell’Orchestra Filarmonica Settenovecento
Filippo Lama maestro concertatore

Le ricche note al concerto redatte da Marta Vecchio in collaborazione con l’Università di Pavia. Dipartimento di Musicologia e Beni culturali sez. di Cremona, ci pongono direttamente in contatto con i diversi aspetti delle scelte attiate nel programma proposto dsall’Orchestra Filarmonica Settenovecento. Anima Russa è il titolo proposto da Filippo Lama maestro concertatore del complesso del festival, che infatti ci presenta due autori russi Šostakóvič e Čajkovskij ad evidenziare i complessi aspetti della musica russa, la sua storia e i suoi modelli di ispirazione la contrapposizione tra una ricerca di una musica identitaria di popolo come una composizione che dipenda solo dallo stimoli interiore del compositore. All’inizio, una composizione di Bruno Bettinelli (1913-2004), compositore italiano docente di rara esecuzione che fa da cappello a queste istante di un Novecento musicale alla ricerca di nuove forme seguendo la tradizione tonale in libera creatività. Vale per questo la citazione nelle note di sala: «Il ritrovarsi dell’autore di fronte all’opera – una via di purificazione, un cammino duro, una prova dell’acqua e del fuoco, la riconquista della serenità: (…) musica assoluta». Poche parole, austere ed eleganti: così Ferruccio Busoni delinea l’anima del Neoclassicismo musicale e manifesta la volontà della sua generazione di emanciparsi dalla pesante eredità del Romanticismo, ormai agonizzante in strascichi melensi che «scimmiottano bizzarramente atteggiamenti vistosi di coloro che valgono qualche cosa».
Infatti nell’alveo dell’impulso neoclassico Bruno Bettinelli muove i primi passi: a quest’estetica pura e assoluta si rifanno le Due invenzioni per orchestra d’archi (1939). Sulle linee del contrappunto severo, che costituiscono la compagine musicale principale, si stagliano reminiscenze di Bartók, Ravel, Hindemith e Stravinskij. Nella vitalità ritmica della seconda Invenzione, nello sviluppo delle microcellule melodiche e nella
ricerca timbrica peculiare si intravede già il Bettinelli futuro: un compositore che, attraversando tutte le principali tendenze del Novecento (la dodecafonia, il serialismo, il totale cromatico e la politonalità), sintetizzerà un linguaggio suo personale.
Libertà o imposizione potrebbe essere anche la sintesi della composizone di Šostakovič nata come un quartetto e successivamente elaborata da Rudolf Baršaj, che in diverse occasioni collaborò professionalmente con Šostakovič,ricavandone un arrangiamento per orchestra: la Sinfonia da camera op. 110a. Una composizione commissionata a Šostakovič, sulle istante del Partito Comunista Sovietico, sconfortato su quello che si appresta a comporre, in soli 3 giorni e di getto, un quartetto al quale affiderà tutte le sue amarezze dolorose di uomo e artista assoggettato alla volontà altrui (“Contro la sorte non c’è ricorso” disse all’amico, citando i versi di Puškin).
Ancora una volta, e forse più di tutte, il quartetto diventa così per il compositore russo il luogo in cui, lontano dalle ingiunzioni celebrative alle quali doveva obbedire (pur con molte riserve) nella creazione delle sinfonie, egli può dare libero sfogo al suo desiderio più intimo e profondo, dove infatti si nota l’assenza di quel doppia piano tra l’eroiso e l’istrionico che caratterizza le sue composizioni sinfoniche. Piena libertà invece si coglie nella Serenata per archi op. 48 di Čajkovskij nella quale riflette l con grande eleganza, l’ammirazione e la raffinata sensibilità nei confronti della tradizione europea (per Mozart in particolare), composta nel 1882 in quattro movimenti: si susseguono un Andante in forma di sonatina, un Valzer dal sapore viennese, un’Elegia e un Finale su tema russo.

L’orchestra del Festival appositmente composta da giovani in formazioni sotto la guida dell’esperto direttore Filippo Lama, ha dimostrato di non aver avuto alcun timore nell’avvicinarsi a questi autori diversi per stile e motivazioni. Oltre alla competenza tecnica di tutti gli strumentisti ha avuto capacità di sintesi e di far percepire la complessità delle diverse costruzioni musicali, attraverso il caratterizzante dialogo tra le prime parti e gli assiemi. Serata pienamente riuscita calla presenza di un pubblico numeroso e partecipe ch ha dimostrato affetto per l’orchestra ormai stabile della città di Rovereto, meritandosi il bis con il secondo movimento della Simple Symphony di Britten: quel pizzicato per soli archi deliziono quadretto sinfonico.

Federica Fanizza

Laureata in Filosofia all'Università di Bologna e curatrice degli archivi comunali di Riva del Garda, ha seguito un corso di specializzazione in critica musicale a Rovereto con Angelo Foletto, Carla Moreni, Carlo Vitali fra i docenti. Ha collaborato con testate specializzate e alla stesura di programmi di sala per il Maggio Musicale Fiorentino (Macbeth, 2013), Festival della Valle d'Itria (Giovanna d'Arco, 2013), Teatro Regio di Parma (I masnadieri, 2013), Teatro alla Scala (Lucia di Lammermoor, 2014; Masnadieri 2019), Teatri Emilia Romagna (Corsaro, 2016) e con servizi sulle riviste Amadeus e Musica. Attualmente collabora con la rivista teatrale Sipario. Svolge attività di docenza ai master estivi del Conservatorio di Trento sez. Riva del Garda per progetti interdisciplinari tra musica e letteratura. Ospite del BOH Baretti opera house di Torino per presentazioni periodiche di opere in video.

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