Orchestra Haydn Orchester | Teatro Comunale – Bolzano | 11 giugno 2024, ore 20
Orchestra Haydn Orchester di Bolzano e Trento
Studenti del Conservatorio C. Monteverdi di Bolzano e F.A. Bonporti di Trento
Andrea Brunati corno solista
Michele Mariotti direttore
G. Mahler Sinfonia n. 5 in do diesis minore
Foto ORCHESTRA HAYDN ORCHESTER MICHELE MARIOTTI© FHS 2024
La compagine regionale conclude la sua Stagione nel segno della Sinfonia n. 5 di Gustav Mahler diretta da Michele Mariotti. La Sinfonia richiede forze imponenti sul palcoscenico perciò, tra le file dell’orchestra, possiamo scorgere i giovani allievi dei Conservatori di Musica di Bolzano e Trento. Una bella opportunità sia per gli studenti che si accostano ad una delle più note sinfonie di Mahler, sia per l’orchestra che con un’operazione del genere, oltre a rinvigorire le sezioni strumentali, si prende realmente cura dei talenti del territorio. Mahler, oltre a essere un compositore, era uno dei principali direttori d’orchestra della sua generazione e conosceva a fondo le possibilità dell’orchestra. Le sue enormi sinfonie sfruttano ogni goccia di potenziale di ogni singolo strumento.
Il guanto di sfida è lanciato fin dalla fanfara di tromba iniziale, ponendo le basi per un panorama cosmico di lotta emotiva, tormento, ironia, dolore, nostalgia e gioia. Sincero l’assolo di Nicola Baratin, con un ideale mix mahleriano di determinazione e ansia. I violoncelli e i legni hanno il loro momento di gloria all’inizio del secondo movimento, che risolvono in maniera toccante, prima che i corni riempiano la sala. Al centro, Mariotti stacca i tempi con grande perizia e dedizione, trascinando la musica in avanti prima che un gong onnipotente squarci l’aria del Teatro comunale.
Il primo corno, Andrea Brunati, sale in piedi per il gioioso terzo movimento. Con un’esecuzione virtuosa, piena di gioia e sensibilità, Brunati penetra nei suoi assoli, con un elegante accenno di vibrato. Mariotti e i violini si uniscono al divertimento, a tratti leggermente troppo eccitati dallo scherzo!
A questo punto l’imponente pagina mahleriana prevede un momento di meravigliosa quiete, con l’arpa e gli archi ad aprire il celebre Adagietto – la lettera d’amore di Mahler alla sua amata Alma. Un movimento tutt’altro che semplice, risolto con un andamento molto lento e a tratti privo di quella fluidità, luminosità e sottigliezza dinamica che richiederebbe. La sensazione di episodicità è negativa per Mahler, la cui musica, soprattutto da questa sinfonia in poi, è sempre in divenire e in via di sviluppo. Ci sono affermazioni importanti, ma tutto il resto è una costante transizione o variazione. Le note dei violini secondi ci spingono verso una conclusione drammatica prima di spegnersi nel nulla.
Tutto ciò è un’anticipazione del glorioso finale a venire, pieno di trilli vibranti, di cimbali che si infrangono e di grancassa che tuona. Un’energia esplosiva che fa trasparire notevole chiarezza contrappuntistica e trasparenza di fraseggio.
Ottima la direzione di Mariotti, che dimostra una grande intesa con l’orchestra e che riesce a trarre il meglio dai musicisti. Il suono che ne deriva è massiccio senza però contare su una profondità squisitamente mahleriana. I legni risultano precisi e colorati, con quel pizzico di sole che riesce a dare una ventata di aria fresca al tutto. Ottima la prestazione del primo fagotto, Flavio Baruzzi e l’intera sezione degli ottoni e delle percussioni è notevolmente e prontamente scintillante ma mai sopra le righe. Poca potenza nei violini, soprattutto in relazione al resto degli archi.
A fine concerto, la sala (purtroppo non totalmente gremita) risponde con entusiasmo, tributando i dovuti applausi all’orchestra e al direttore.