Di Annely Zeni*
Trento, Teatro Sociale, 27 ottobre ore 20.30
PPP. Profeta Corsaro
A CENTO ANNI DALLA NASCITA DI PIER PAOLO PASOLINI
MUSICHE CHARLES IVES, ARVO PÄRT, SAMUEL BARBER, JOHANN SEBASTIAN BACH
TESTI di PIER PAOLO PASOLINI
DRAMMATURGIA LEO MUSCATO LAURA PERINI
DIRETTORE D’ORCHESTRA MARCO ANGIUS
ORCHESTRA HAYDN DI BOLZANO E TRENTO
REGIA LEO MUSCATO
VISUAL DESIGN LUCA ATTILI
COSTUMI MARGHERITA BALDONI
LUCI ALESSANDRO VERAZZI
RECITAZIONE
MARCO BRINZI, ALEX CENDRON, MILUTIN DAPCEVIC, GIANLUCA PANTOSTI,
MARIA PILAR PEREZ ASPA
Dal buio emerge, flebile, la voce di un violino: intona il tema della bachiana Offerta musicale. Poi tutta l’orchestra ad esso fa ala nell’austero contrappunto del primo Ricercare. Un esordio suggestivo per una produzione “speciale” promossa in tandem dal Teatro Stabile di Bolzano con la Fondazione Haydn e in collaborazione con il Centro Culturale S. Chiara di Trento, in scena tra Bolzano, Merano, Bressanone e Trento ultima replica domenica 30 ottobre al Teatro Sociale del capoluogo trentino. Titolo: PPP. Profeta corsaro, obiettivo: l’omaggio, firmato per regia e drammaturgia, da Leo Muscato e Laura Perini, a Pier Paolo Pasolini nel centenario della nascita. Era come se quel salto di settima che precipita verso gli inferi del silenzio e poi il lamentoso cromatismo discendente siglassero senza scampo il registro espressivo dell’intero spettacolo. Poiché infine è sempre la musica ad indirizzare i moti dell’animo, non sarà male osservare per prime le scelte della colonna sonora, magistralmente eseguita dalla compagine regionale diretta da Marco Angius: la “Domanda senza risposta” di Charles Ives, Fratres per archi e percussioni di Arvo Part o l’Adagio per archi di Barber, insomma un lugubre corteo di note per un Pasolini che continua a morire, scomoda Cassandra fastidiosa e inascoltata.
La musica si contorna quindi delle immagini, prevalentemente in bianco e nero, in un raffinatissimo commovente ricamo tra spezzoni di film, immagini pensierose di un pellegrinante intellettuale, cieli sempre temporaleschi interrotti da terrificanti tuoni. E infine il piatto forte della recitazione: come nel madrigale cinquecentesco non è concesso immedesimarsi, simpatizzare empatizzare con il personaggio, seguirne una storia, un teatro qualunque d’azione. I Pasolini sono cinque attori, Marco Brizzi, Alex Cendron, Milutin Dapcevic, Gianluca Pantosti, Maria Pilar Perez Aspa, autentici virtuosi della parola, incaricati di recitare il Pasolini “ideologo” (anche di quando ancora si poteva filosofeggiare e polemizzare sulla carta stampata dei giornali) degli anni Settanta, gli anni feroci delle rivoluzioni e delle involuzioni. Difficile, faticoso da seguire per testi che si presterebbero meglio alla riflessione piuttosto che al teatro. Non vi cercate la poesia, non c’è, non la luce, non c’è, non la speranza, non c’è. Spettacolo nichilista alla fine e con il senno del poi, ossia pacificati dal trionfo del consumismo, se ne esce provati, senza alcun desiderio nemmeno di rivedere qualche film: profeta accantonato, come volevasi dimostrare.
*Ringraziamo per la disponibilità. La redazione