Verona, Teatro Filarmonico
5 marzo ore 20.30 · webTV | Youtube
13 marzo ore 15.00 · Facebook | Telenuovo
Ingegno atipico
Jacopo Brusa Direttore
Matteo Falcier Tenore | Benjamin Cho Baritono | Alessio Cacciamani Basso
Giuseppe Verdi
Quartetto in mi minore (versione per orchestra d’archi)
Amilcare Ponchielli
Messa op. 20
ORCHESTRA E CORO DELLA FONDAZIONE ARENA DI VERONA
Vito Lombardi, Direttore Coro Fondazione Arena

“Ingegno atipico”, un titolo che stimola decisamente la curiosità. Cosa ci sarà mai di atipico nell’esecuzione di due compositori italiani così conosciuti come Verdi e Ponchielli? Il 3° concerto della Stagione Sinfonica 2021 della Fondazione Arena di Verona, disponibile da venerdì 5 marzo su webTV arena.it/tv e YouTube e sabato 13 marzo su Facebook e Telenuovo, ha in programma la versione per orchestra d’archi del Quartetto in mi minore di Giuseppe Verdi e la Messa Op.20 di Amilcare Ponchielli. La bravura e l’ingegno dei due compositori è chiara a noi tutti, mentre l’atipico sta proprio in questo repertorio: sia Verdi che Ponchielli devono infatti la loro fama ad opere liriche, non a lavori cameristici e sinfonici. Gli archi dell’Orchestra della Fondazione Arena di Verona ci propongono l’esecuzione del Quartetto in mi minore di Giuseppe Verdi (1813-1901) nella versione per orchestra, diretti dal Maestro Jacopo Brusa che, in questa occasione, debutta al Teatro Filarmonico. Classe 1985, Jacopo Brusa approda nel panorama musicale inizialmente in qualità di organista, ma ora, sebbene abbia iniziato ad impugnare la bacchetta da direttore da meno tempo, si è fatto notare sui podi di importanti teatri ed è considerato una promessa italiana nella direzione.
Il Quartetto in mi minore, con il quale inizia il concerto, si sviluppa in 4 movimenti: Allegro, Andantino, Prestissimo, Scherzo Fuga. Allegro assai mosso.
Nonostante il poco entusiasmo che Verdi stesso manifestò in varie occasioni per questo suo lavoro, il brano risulta decisamente accattivante. La tradizione del belcanto italiana si intreccia con uno stile compositivo tipico del nord Europa, culminando in una fuga finale che, nonostante la complessità dei suoi contrappunti, richiama costantemente temi melodrammatici. Quando Verdi lo scrisse, nel 1873, si trovava all’apice della sua maturità artistica. Durante un soggiorno a Napoli, dove si trovava per sovrintendere ad un’esecuzione di Aida, la malattia della soprano protagonista fece prolungare la sua permanenza nella città partenopea; l’imprevisto gli concesse maggior tempo libero, durante il quale potè dedicarsi alla stesura di questo quartetto, unica sua composizione cameristica di cui siamo a conoscenza. I contrasti e le difficoltà tecniche presenti soprattutto nell’ultimo movimento vengono affrontate dagli archi dell’Orchestra della Fondazione Arena di Verona senza timore. La scelta di tempi di esecuzione brillanti ma non azzardati permette una direzione efficace e fluida, confermando il temperamento di Jacopo Brusa. Ancor di più raro ascolto è il secondo brano proposto: la Messa Op.20 di Amilcare Ponchielli (1834-1886). A differenza di Verdi, che compose il quartetto quasi per noia, Ponchielli si concentrò parecchio per la stesura di questo lavoro, riuscendo a racchiudervi tutto il suo ingegno compositivo: le ampie linee melodiche che spiccano sopra ad un’orchestrazione magistrale, rendono questa musica di grande piacevolezza, facendo dimenticare all’ascoltatore che si stia trattando di musica sacra.
Per la sua esecuzione l’orchestra amplia il proprio organico, arricchendosi delle voci soliste del tenore Matteo Falcier, del baritono Benjamin Cho, del basso Alessio Cacciamani e del Coro della Fondazione Arena di Verona. In un Teatro Filarmonico spoglio di pubblico ma pur sempre ricco di fascino, assistiamo ad un’esecuzione di estrema scorrevolezza e semplicità. La bravura delle tre voci maschili risalta sopra ad un coro che, sicuramente non a proprio agio per l’obbligo di indossare la mascherina, risulta leggero e dimesso. L’atipica scelta di questo programma permette all’ascoltatore di esplorare un repertorio meno noto ma non per questo minore in termini di valore e piacevolezza.