Verona, Teatro Filarmonico, 12 febbraio ore 15.30
Stagione Lirica 2023
“AIDA”
Opera in quattro atti su libretto di Antonio Ghislanzoni
Musica di Giuseppe Verdi
Aida MONICA CONESA
Radamès STEFANO LA COLLA
Amneris KETEVAN KEMOKLIDZE
Amonasro YOUNGJUN PARK
Ramfis ANTONIO DI MATTEO
Il Re ROMANO DAL ZOVO
Messaggero RICCARDO RADOS
Sacerdotessa FRANCESCA MAIONCHI
Prima ballerina ELEANA ANDREOUDI
Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Direttore Massimiliano Stefanelli
Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Regia e scene Franco Zeffirelli
Costumi Anna Anni
Luci Paolo Mazzon
Coreografia Luc Bouy
Allestimento realizzato da Franco Zeffirelli per il Teatro di Busseto in occasione del primo centenario della morte di Giuseppe Verdi (2001).
Per il centenario della morte di Verdi, nel 2001, Franco Zeffirelli realizzava per il teatro di
Busseto una “Piccola Grande Aida”, adatta agli spazi ridotti di quello che tanti considerano
uno dei più piccoli teatri d’Opera al mondo. Il risultato fu un lavoro molto apprezzato, grazie ad un intelligente uso degli spazi e ad una sorprendente capacità di rendere maestoso e solenne un ambiente che si sviluppava in quei pochi metri disponibili, cogliendo poi quei tratti più intimi e personali che spesso altre regie paiono non scorgere tra i caratteri dei personaggi. Ventidue anni dopo l’anniversario è quello della nascita di Zeffirelli stesso: nato nel 1923 e legato a Verona e alla sua Opera come nessun altro regista, viene celebrato dalla fondazione Arena di Verona che ripropone in quattro date l’allestimento bussetano d’Aida. A sipario chiuso un filmato tributo all’artista lo ritrae in alcuni dei tanti momenti trascorsi in Arena, alle prese con quegli storici allestimenti che sono diventati i più celebri mai messi in scena a Verona, tra le mura d’un teatro che per simpatica contrapposizione è considerato il più grande al mondo.
Il lavoro di Zeffirelli si cala bene sul palco del Filarmonico, portando in città un antico Egitto
di certo meno imponente di quello a cui i veronesi sono abituati, ma curato nelle scene e ben proporzionato. I costumi di Anna Anni conferiscono eleganza a scene di piacevole impatto visivo e di sorprendente profondità, illuminate dal lavoro alle luci di Paolo Mazzon, sempre adeguato ed efficace, ma particolarmente riuscito nella seconda metà dell’Opera. Si sente la mancanza delle parti di musica a cui l’allestimento “minimal” ha dovuto rinunciare, con palpabile delusione di quella parte di pubblico che di certo non si aspettava tagli così
evidenti.
Allo stesso tempo pare ottima la soluzione di proporre indirettamente alcune scene, senza mostrarle sul palco, ma facendo capire che in uno spazio fuori dal visibile queste stanno accadendo. Succede ad esempio per la celeberrima marcia, il cui tratto più noto non viene tagliato, ma proposto da una visuale secondaria, con la folla che accorre per guardare ciò che il pubblico in teatro, da lì in basso, non riuscirà a vedere.
Sul podio c’è Massimiliano Stefanelli, esperto nel ruolo e alla guida di un’Orchestra – quella della fondazione Arena – altresì navigata e di certo a suo agio tra le note di una partitura che ha affrontato centinaia di volte. Il risultato musicale è sì piacevole e nel complesso apprezzabile, ma dalla situazione ci si aspettava forse qualcosa di più. Non mancano infatti alcune imperfezioni nell’esecuzione, soprattutto nella prima parte, e l’interpretazione musicale non soddisfa sempre quell’aspettativa di colori e contrasti, ritornando un suono bello, ma forse un po’ troppo uniforme. Meglio il coro, che si presenta con un suono compatto ed una buona escursione dinamica, compensando anche le mancanze di un cast un po’ fuori forma.
Nel ruolo del titolo, Monica Conesa si presenta con un volume interessante, e pare cercare una propria personalità, a tratti trovandola. Tuttavia non si rivela particolarmente costante nell’intonazione, ed esagera spesso con il vibrato. Non meglio Ketevan Kemoklidze, che nei panni di Amneris non sorprende per tecnica e neanche per interpretazione musicale, pur dimostrandosi di buona presenza scenica. Stefano La Colla, sul palco alla Prima a causa dell’indisposizione di Sergio Escobar, si dimostra un po’ più sul pezzo in alcuni passaggi, riuscendo a cogliere diverse sfumature del carattere, tra cui quelle più intime che il lavoro registico tanto ha cercato di evidenziare. Allo stesso tempo, ahimé, il suo Radamés non è altrettanto convincente nei restanti punti, e si allinea alla performance poco fortunata della compagnia vocale. Convincente invece l’Amonasro di Youngjun Park, che risulta profondo e deciso nel suono e di piacevole interpretazione musicale. Anche Antonio Di Matteo mette in campo una buona capacità vocale nella sua interpretazione di Ramfis, pur lasciandosi scappare più d’una imprecisione. Bravi Francesca Maionchi, nei panni della Sacerdotessa, Romano Dal Zovo, il Re, e soprattutto il messaggero Riccardo Rados, esperti in questi ruoli per la grande pratica nel palcoscenico estivo. Nella giornata di Domenica 12 Febbraio, alla Prima, il pubblico non si dimostra particolarmente coinvolto dalla performance, risparmiando i tipici “Bravo” di cui è solitamente generoso durante l’esibizione, e concedendo applausi perlopiù contenuti.
Anche alla fine l’acclamazione è decisamente sotto tono rispetto a quanto si è abituati, a conferma del fatto che l’Aida del Filarmonico, seppur curata e di certo non disastrosa, ha un po’ deluso le aspettative.