Verona, Teatro Filarmonico, Domenica 17 marzo 2024, ore 15:30.
Il Campiello, Commedia lirica in tre atti di Ermanno Wolf-Ferrari, libretto di Mario Ghisalberti.
Nuovo allestimento di Fondazione Arena.
Nella nuovissima produzione della Fondazione Arena di Verona la regia è di Federico Bertolani, che disegna per i personaggi un ambiente essenziale e sempre funzionale, con fondamentale semplicità nei movimenti. La scena, lavoro di Giulio Magnetto, si compone sostanzialmente di un gruppetto di edifici, chiaramente affacciati sul “campiello” che – insieme ai balconi delle diverse abitazioni – diventa il teatro degli animati avvenimenti. Alle spalle di tutto ciò, in più momenti, i muri si spostano e il fondale si apre, magicamente, su peculiari scorci della bella Venezia. Compaiono per prime alcune maschere della commedia dell’arte, e si procede poi – tra gondole e battelli – in una sequenza di immagini che pare evolvere nel tempo. Senza intaccare o contaminare la scena in primo piano, che continua indisturbata a svolgersi nel suo normale contesto e nella sua epoca, gli spaccati sullo sfondo cambiano giungendo fino ai giorni nostri, con una riproduzione dell’apertura delle barriere del MOSE e con il passaggio, sul finale, di un’imponente nave da crociera. Nave da cui scende un grande gruppo di turisti-coristi, che invade visivamente gli spazi del campiello, pur non interagendo direttamente con i protagonisti. La trovata è abbastanza originale, e l’effetto cambia insieme alle scene stesse: se le prime immagini appaiono più come un adorno estetico, le ultime non possono che far pensare a un messaggio critico, di denuncia, nei confronti ad esempio dell’enorme turismo di massa che interessa Venezia nella nostra epoca. Nulla di trascendentale, ma neanche di sgradevole; un innocuo espediente utile a superare la staticità visiva dell’opera (non corta e sempre ambientata nello stesso, piccolo luogo). Belli i costumi di Manuel Pedretti, curati e in linea con il contesto, e funzionali le luci di Claudio Schmid.
Spetta a Francesco Omassini la direzione di un’Orchestra della fondazione Arena in buona forma, il cui suono risulta bello, coeso e di precisa intonazione, per tutta la durata dello spettacolo. La concertazione è curata, con ritmi incalzanti e piacevoli escursioni dinamiche, senza eccedenze, a meno di isolati tratti in cui il volume complessivo della buca si fa percepire un po’ eccessivo rispetto alle voci sul palco. Bene anche il contributo del Coro della Fondazione, preparato da Roberto Gabbiani e preciso come sempre.
Generale successo per il cast, da cui spicca per personalità il carismatico Cavalier Astolfi di Biagio Pizzuti. Con tecnica e sonoro strumento vocale, il baritono porta in scena una performance curata nell’interpretazione e convincente nella recitazione. Anche Bianca Tognocchi, nei panni di Gasparina, riesce a rendere con efficacia il personaggio, cogliendo e sfruttando quei passaggi più poetici e melodici che l’Opera riserva alla sua parte. Belle le interpretazioni di Sara Cortolezzis, accurata e musicale nel portare in scena Lucieta, e di Lara Lagni, una convincente ed espressiva Gnese, sua rivale. Bene anche, al loro fianco, l’Anzoleto di Gabriele Sagona e il Zorzeto di Matteo Roma. Simpaticissima la realizzazione delle “vecie” Dona Cate Panciana e Dona Pasqua Polegana, rispettivamente impersonate dai tenori Leonardo Cortellazzi e Saverio Fiore. Completano la compagnia con professionalità Paola Gardina (Orsola) e Guido Loconsolo (Fabrizio dei Ritorti).
Nel pomeriggio di domenica 17 marzo il teatro è ben frequentato, seppur non sold-out, con un pubblico coinvolto e generoso nell’applaudire gli artisti al termine della rappresentazione. Più che positiva anche l’accoglienza riservata alla squadra a capo del nuovo allestimento.
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