Teatro Filarmonico di Verona, Giovedì 5 ottobre, 2023, ore 20.30
XXXII Festival internazionale di musica
DRESDNER PHILHARMONIE
Krzysztof Urbański direttore
Julia Hagen violoncello
W.A. Mozart Le nozze di Figaro (overture)
R. Schumann Concerto in la minore per violoncello e orchestra Op. 129
P.I. Čajkovskij Sinfonia n. 4 in fa minore Op. 36
Con un concerto all’insegna della freschezza si conclude la trentaduesima edizione del Settembre dell’Accademia, il festival internazionale di musica che porta a Verona ogni autunno importanti artisti da tutta Europa. Freschezza per la giovane età degli interpreti, il quarantenne direttore Krzysztof Urbański la ventisettenne violoncellista Julia Hagen, e per l’immediatezza e la godibilità delle loro interpretazioni. L’orchestra protagonista di questa serata è la Dresdner Philarmonie: la sua fondazione risale al 1870 e può annoverare direttori come Brahms, Čajkovskij, Dvorak e Strauss; attualmente è una formazione con una grande reputazione nell’ambito della musica classica internazionale. Il suo direttore principale e direttore artistico dal 2019/2020 è Marek Janovski. Al podio come direttore il polacco Krzysztof Urbański, che in passato è apparso come direttore ospite con i Berliner Philarmoniker, London Symphony Orchestra, New York Philarmonic, per citarne alcuni. Attualmente è direttore ospite principale dell’Orchestra della Svizzera Italiana. Il primo brano in programma è la celeberrima ouverture da Le Nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart. Veloce, dinamica e ben eseguita, mette subito in risalto la brillantezza degli archi e il gesto essenziale ma efficace di Urbanski. Con un violoncello Francesco Ruggeri (Cremona 1684) e un abito dorato sale sul podio per il secondo brano la violoncellista austriaca Julia Hagen. La Hagen inizia a suonare il violoncello a cinque anni, si è formata con maestri come Enrico Bronzi e Reinhard Latzko e ha vinto prestigiosi premi, l’ultimo dei quali nel Concorso Internazionale di violoncello Benedetto Mazzacurati. “Naturalezza e calore, vitalità e coraggio di rischiare” sono le qualità che vengono menzionate quando si parla del suo modo di suonare: e l’esecuzione che ci ha proposto lo ha certamente confermato.
Ha proposto il Concerto in la minore per violoncello e orchestra Op. 129 di Robert Schumann: il brano è stato eseguito in un fluire continuo senza pause tra un tempo e l’altro, scelta assolutamente azzeccata e gradita. I virtuosismi della solista e il calore dell’orchestra del primo tempo lasciano spazio a un momento lirico nel secondo tempo quando all’orchestra sono affidati i pizzicati e la solista dialoga meravigliosamente con il primo violoncello. Tecnica perfetta, suono pieno in tutti i registri e sempre in grado di tenere testa all’orchestra sono le caratteristiche di Julia Hagen che più risaltano.
Come bis ha proposto un brano classico e ha voluto coinvolgere proprio la prima parte dell’orchestra: un bis a 4 mani e due violoncelli dove le parti soliste venivano equamente scambiate tra i due violoncelli mettendo in risalto musicalità e la tecnica di entrambi.
La seconda parte del concerto è stata dedicata interamente alla Quarta Sinfonia in fa minore di P.I. Čajkovskij. Composta tra il dicembre 1876 e gennaio 1878 in un periodo denso di avvenimenti per il compositore: risale a quegli anni il suo matrimonio con la sua allieva Antonina Ivanovna Milukova, matrimonio che si rivela una tragedia fin dal primo giorno e che porterà Cajkovsjij già dopo sole 3 settimane alla fuga in Europa. Questo viaggio viene sostenuto economicamente dalla baronessa Nadejda von Meck, mecenate russa, con la quale il compositore intesserà un lungo rapporto epistolare. Proprio nelle lettere indirizzate alla Von Meck Caikovskij fornisce una chiara descrizione del significato della Sinfonia e ci ha permesso di comprenderne la sua genesi. Il primo movimento si apre con il celebre squillo di trombe e di corni che simboleggia il Fato inesorabile e prosegue con momenti malinconici e momenti più speranzosi fino al tempo di valzer. Grande resa timbrica dell’orchestra che vede i gruppi strumentali scambiarsi con leggerezza i temi.
Il secondo movimento (Andantino in modo di canzona) si apre con un tema dal carattere vagamente melanconico che ci introduce in un’atmosfera espressiva tipicamente slava: piace in questo caso la direzione quasi essenziale di Urbański e la sua attenzione a rendere i pianissimi appena percettibili, conferendo maggiore drammaticità all’esecuzione.
Nel terzo tempo, lo Scherzo, il “pizzicato ostinato” è suonato con un tempo meno mosso del solito che lo fa percepire quasi come un minuetto, ma la resa globale è sicuramente piacevole. Decisamente veloce e risoluto è il finale che ci trasporta in un’atmosfera di gioiosa festa popolare: un vortice di rapide scale degli archi e momenti di sospensione meravigliosamente eseguiti. Grande acclamazione del pubblico al termine del concerto, che ha riempito il Teatro Filarmonico come per salutare un festival che come ogni anno ha saputo conquistare il pubblico veronese e non solo con proposte di grande qualità esecutiva.
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