Verona, Arena Opera Festival 2022, 1 luglio 2022, ore 21.00
Nabucco
Dramma lirico in quattro parti
Libretto di Temistocle Solera
Musica di Giuseppe Verdi
Nabucco Sebastian Catana
Ismaele Samuele Simoncini
Zaccaria Abramo Rosalen
Abigaille Ewa Płonka
Fenena Francesca Di Sauro
Il Gran Sacerdote di Belo Nicolò Ceriani
Abdallo Carlo Bosi
Anna Elisabetta Zizzo
Orchestra, Coro e Tecnici dell’Arena di Verona
Direttore Daniel Oren
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Regia e Costumi Arnaud Bernard
Scene Alessandro Camera
Luci Paolo Mazzon
Allestimento Fondazione Arena di Verona
Il gioco dell’interpretazione registica nell’Opera si serve spesso di inaspettate traslazioni di tempi e di spazi, proiettando lo spettatore in epoche e luoghi sorprendentemente lontani da quelli in cui originariamente si colloca la vicenda. Talvolta – grazie alla duttilità della trama e all’ingegno dei registi – non solo si muta lo scenario in cui far accadere la vicenda, ma si plasmano interessanti parallelismi con altri avvenimenti storici, sovente posteriori. La vicenda di un popolo oppresso da un altro pare trovare – ahimè – non poche analogie nel corso della storia, facendo di Nabucco un’Opera di versatile ambientazione. Tra i molti paragoni proposti per Nabucco negli anni, ce n’è uno che potrebbe apparire il più ovvio, ma che in realtà non si è visto così spesso nei teatri: l’accostamento degli ebrei, soggetti nella trama al dominio babilonese, all’Italia risorgimentale e all’occupazione austriaca. Arnaud Bernard, per l’allestimento presentato in prima assoluta in Arena nel 2017, sceglie proprio questa soluzione: il “tempio” degli italiani diviene così il Teatro alla Scala, rappresentato da un’imponente scenografia mobile che ne mostra sia l’interno, sia la meravigliosa sala, completa di ordini di palchi, platea e palcoscenico, creando una riuscitissima matrioska fatta di un teatro nel teatro.
Lo spettacolo è di grande impatto visivo, e le maestose scene, lavoro di Alessandro Camera, appaiono tanto belle quanto funzionali allo svolgersi della vicenda, grazie ad una vincente combinazione di cura e dettaglio dei particolari – da un lato – e di vera adoperabilità degli spazi dall’altro. Anche i costumi, curati dal regista, vestono con accuratezza e qualità sia i soldati austriaci, sia gli eroici combattenti di quello che pare – senza dubbio alcuno – un popolo già sentitamente Italiano piuttosto che Lombardo-Veneto.
La vicenda si svolge con tutta la frenesia e la violenza che ben conosciamo, a partire da un incipit che si rifà senza sottintesi alle celebri cinque giornate di quel marzo del 1848, agli inizi di un’ondata rivoluzionaria che travolgerà presto l’Europa intera. Non mancano sul palco – durante tutta la vicenda – numerosissimi spari a salve, corse frenetiche di soldati armati e scenografiche apparizioni di decine di cavalli, carrozze e comparse a centinaia. Il tutto è ben coordinato e mai eccessivo, e ciò che ne esce è uno show trasportante ed appassionante, a tratti quasi cinematografico.
Degni di menzione sono inoltre alcuni ingegnosi espedienti adottati dalla regia per regalare, alla trasposizione ottocentesca del Nabucco, un ulteriore fascino. La scena del fulmine che colpisce Nabucco, appena proclamatosi Dio e non più Re, viene ad esempio mutata in un attentato ai suoi danni, per mano di individui armati e nascosti alle sue spalle. Le scene all’interno del teatro della scala – poi – vedono un ampio palcoscenico allestito a sua volta per l’Opera, e si intende trattarsi di una rappresentazione dello stesso Nabucco.
Sul podio nuovamente Daniel Oren, veterano nel condurre i musicisti della fondazione areniana e di certo grande conoscitore della partitura. La sua interpretazione è tutt’altro che scontata, e mette in luce le notevoli capacità di concertazione e conduzione, grazie a sagge scelte di tempi e ad interessanti sfumature nella cura delle dinamiche. L’attenzione ai solisti e a ciò che accade sul palco non manca, e lo si percepisce dalla gestione degli spazi musicali e dalla cura degli interventi orchestrali durante le arie più delicate. Il gesto – come sempre generoso e talvolta scenografico – resta forse a tratti un po’ poco esplicito per i solisti, i quali – meno abituati alla sua conduzione di quanto non siano gli orchestrali – mostrano un po’ di incertezza in certi limitati attacchi.
Sebastian Catana è nei panni del protagonista, e disegna un Nabucco convincente e ben articolato nelle sue personalità, quella dura e autoritaria della prima parte, e la più pacata degli avvenimenti successivi al fulmine-attentato. Vocalmente pare preciso e adatto al ruolo, di importante intensità e con un’ottima pronuncia in italiano, che non si può mai dare per scontata. Sua figliastra, Abigaille, è interpretata da Ewa Płonka, piacevolissima sorpresa al suo debutto in un ruolo tanto bello, quanto controverso e vocalmente complesso. Il soprano polacco mostra una tecnica ineccepibile a servizio di un notevole talento vocale, coprendo con disinvoltura le estensioni più acute, con decisione i tratti più intensi e con estrema cura i momenti più tenui della partitura.
Abramo Rosalen impersona con successo uno Zaccaria rivoluzionario e trascinatore, donando al personaggio carisma e personalità. Vocalmente ordinato e di buona intonazione, non sempre trova con estrema facilità il volume di cui necessita uno spazio così ampio come l’Arena, lasciandosi scappare in isolati passaggi qualche eccessiva sforzatura. In generale, comunque, la sua è un’interpretazione piacevole e di certo riuscita.
Francesca Di Sauro è Fenena, che cura il personaggio con un’interpretazione efficace ed un’ottima prova vocale. Di ampio volume, risulta precisa nei movimenti anche sui registri più acuti, e riesce egregiamente a rendere l’intimità e il tormento del personaggio. Al suo fianco, Ismaele è interpretato da Samuele Simoncini, che dimostra sia una buona struttura vocale, sia una certa capacità nell’impersonare il suo ruolo.
A completare il cast, il validissimo contributo di Nicolò Ceriani, nei panni del Gran Sacerdote, Carlo Bosi, in questa occasione Abdallo, ed Elisabetta Zizzo, che interpreta il ruolo di Anna.
Buona la performance musicale dell’orchestra, generosa nelle escursioni dinamiche e dal suono curato e compatto. Discreto l’insieme, come sempre leggermente penalizzato dagli ampi spazi del teatro Veronese e dalla sua acustica tutt’altro che semplice. Ottimo anche il coro, preparato da Ulisse Trabacchin, che come in poche altre opere strappa ai solisti il ruolo di vero protagonista nel magico momento del “Va, Pensiero”, bissato come da tradizione dopo il lungo applauso del pubblico.
L’Arena è, nella serata di venerdì 1 luglio, abbastanza affollata, con un pubblico che apprezza lo spettacolo ed applaude generosamente sia al termine delle arie più celebri, sia alla fine della serata.