Verona, Teatro Filarmonico sabato 15 aprile ore 17.00
5º CONCERTO
Antonio PIROLLI Direttore
Felix Mendelssohn-Bartholdy
Sinfonia n. 5 in re minore “La Riforma”
op. 107 MWV N 15
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 7 in La maggiore op. 92
Orchestra della Fondazione Arena di Verona
Con il 5° concerto della Stagione 2023, proseguono gli appuntamenti della Stagione Sinfonica al Teatro Filarmonico che esploreranno la grande musica da Bach e Purcell a Berio e Bosso, dal Barocco alla Contemporaneità con grandi interpreti di oggi e giovani talenti di rilievo internazionale.
Una una scelta che si configura tra il rigore compositivo di un Mendelssohn che qui si presenta nell’austerità del recupero delle forme del contrappunto di matrice liturgico corale, a fronte del vitalismo della composizione sinfonica beethoveniana, definita, anni dopo da Wagner, “apoteosi della danza”, che offre un’esplorazione inesausta della forma sinfonica attraverso il ritmo, vitale e pervasivo. La Quinta sinfonia “La Riforma”, infatti, era un omaggio che Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-47) scrisse appena ventenne alla Riforma luterana (fede abbracciata dalla propria famiglia di origini ebraiche) per le celebrazioni dei trecento anni (1530) dalla Confessione Augustana che definiva i canoni della Riforma, una composizione che non fu eseguita nell’immediato. Lo stesso autore quasi la disconosceva, tanto che venne pubblicata postuma, solo nl 1868. Del resto Mendelssohn lo si conosce come un compositore brillante mentre qui si presenta con un progetto sinfonico ricco di riferimenti alla tradizione musicale luterana, ai modelli di contrappunto desunti da Bach, vi figurano citazioni di canti religiosi, il cosiddetto Amen di Dresda, una figura cadenzale luterana ripresa poi anche da Wagner, quale tema del Graal nel Parsifal. Di conseguneza, la sinfonia si presenta con un eccesso di enfasi compositiva e di stile, rispetto a quel suo mondo musicale a noi più noto, quello delle sinfonie Italiana o Scozzese, o dei poemi sinfonici. La scrittura si connota con un uso molto preponderande dei fiati, tromboni e corni, che dominano il primo movimento, che fanno trasparire a tratti alcuni elementi sonori, affidati agli archi, che sono specifici dello stile di Mendesshon.
Antonio Pirolli dimostra di essere un direttore di esperienza, dotato di un gesto sicuro ed essenziale, capace di a trasmettere all’orchestra ogni piccola variazione di tempi e di colore, gestendo con equilibro la presenza dei fiati specie nella sinfonia di Mendelssohn, senza farli debordare, e cercando, tra la grande produzione di note che caratterizza questa composizione, quei passaggi che rendono riconoscibile Mendelsohn a fronte di una scrittura possente con il rischio di considerarla come un prodromo wagneriano con il rischio di eccedere nella produzione di suono, rimanendo nell’ambito di una rilettura Romantica e misurata. A seguire la Sinfonia n. 7 di Beethoven con il suo primo tempo Vivace, a cui segue il fin troppo noto Allegretto, processione solenne e dolorosa, il Presto e l’Allegro con brio, che offrono la possibilità per l’orchestra e direttore di dimostrare di saper gestire un’ampia escursione ritmica e alternanza di stili compositivi.
E’qui che l’orchestra diventa protagonista, con il direttore che non si risparmia nel dare ritmo all’esecuzione della sinfonia. Dopo un primo movimento di attesa, a seguire un Allegretto meditativo, ecco che con il Presto e con l’Allegro con brio finale, il direttore riesce a far scattare l’orchestra su tempi molti intensi e sostenuti sui quali il complesso strumentale risponde con estrema facilità e lucidità, anzi compiacendosi della riuscita della prova a cui era stata chiamato. Bravura dell’orchestra ben riconosciuta da un pubblico numeroso e variamente composito che ha quasi riempito la grande platea del teatro, con qualche presenza giovanile in galleria, che ha accolto con entusiasmo la conclusione dell’esibizione chiamando più volte al podio il direttore e segnando, con applausi continui, i musicisti della Fondazione.
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