Verona, Teatro Filarmonico, 6 novembre 2021 ore 17.00
Leonora Armellini, pianoforte
Francesco Ommassini, direttore
Orchestra della Fondazione Arena di Verona
Fryderyk Chopin
Concerto n.1 in mi minore per pianoforte e orchestra, op. 11
Antonín Dvořák
Sinfonia n. 8 in sol maggiore op. 88

Leonora Armellini (foto Ennevi)

“Virtuosismo e impulsività” per il 12esimo concerto della Stagione Sinfonica del Teatro Filarmonico di Verona. Il concerto in programma con due date per il 5 e il 6 novembre 2021 mira ad evidenziare il lato virtuosistico del repertorio sia pianistico che orchestrale. Protagonisti sono l’Orchestra dell’Arena di Verona guidata dal direttore Francesco Ommassini e la giovane pianista Leonora Armellini, vera star della serata. Classe 1992, Leonora Armellini si è da pochissimo aggiudicata il quinto premio nella XVIII edizione del Concorso pianistico internazionale Fryderyk Chopin di Varsavia eseguendo nella finalissima il Concerto n.1 di F. Chopin che in queste due serate anche il pubblico del Teatro Filarmonico ha potuto apprezzare. Fin da giovanissima, Leonora si afferma sul panorama pianistico nazionale ed internazionale e già nel 2010 si aggiudicò il Premio Janina Nawrocka per la «straordinaria musicalità e la bellezza del suono» nella XVI edizione del concorso di Varsavia; nell’edizione XVIII appena conclusasi non solo ha portato il pianismo femminile italiano sul podio (non accadeva da 25 anni), ma ha anche dimostrato una grande mutazione artistica. É proprio con l’esecuzione del virtuosistico Concerto n. 1 in mi minore per pianoforte e orchestra, Op. 11 di Fryderyk Chopin (1810 – 1849) che Leonora Armellini e l’Orchestra dell’Arena di Verona aprono il concerto “Virtuosismo e impulsività”. Questo lavoro risale agli anni ’30 dell’800, quando ancora Chopin si trovava in Polonia, e fu proprio eseguendo questo concerto che concluse i suoi anni nella terra natale, dalle quale si sarebbe trasferito poi in Francia. Solo lì vennero pubblicati i due concerti per orchestra che scrisse in Polonia e questo, benché scritto successivamente al Concerto per pianoforte ed orchestra n.2, venne pubblicato per primo nel 1833. Nel primo movimento, l’Allegro mestoso, si alternano due temi, uno in maggiore ed uno in minore che si fondono in un ampissimo sviluppo dove il pianoforte domina l’orchestra.La scrittura orchestrale chopiniana, si sa, non è di grande complessità ma la tessitura della scrittura pianistica è invece densa e coinvolgente da ogni punto di vista. La pienezza del suono del pianoforte della Armellini sovrasta quello di un’orchestra timida, quasi intimorita dalla padronanza della pianista. Segue la malinconica Romanza: Larghetto dal carattere romantico e sognante e dai rimandi leopardiani. In questo secondo movimento la liricità la fa da padrone e il tocco della pianista perde quella grinta iniziale per lasciare spazio a suoni accuratamente delicati. Il ritmo incalzante del terzo movimento, un Rondò: Vivace illumina il Teatro. Leonora non ha fretta di dimostrare la velocità delle sue dita ma bensì di esaltare i singoli fraseggi e addolcire gli abbellimenti. Il tempo di danza popolare polacca si percepisce nel giusto peso dato ai bassi e l’esecuzione della pianista risulta virtuosistica pur senza esagerazioni. Con questa interpretazione Leonora Armellini riesce a dimostrare come l’innata dolcezza femminile unita alla grinta passionale possano entusiasmare ed emozionare. Un pubblico veramente entusiasta non consente alla pianista di uscire di scena se non dopo l’esecuzione dei due richiestisi bis, entrambi dedicati a F. Chopin.

Francesco Ommassini, Leonora Armellini (foto Ennevi)

Se nella prima parte del concerto il pianoforte è stato il protagonista, nella seconda lo diventa l’orchestra in tutta la sua grandiosità. La Sinfonia n. 8 in sol maggiore, op. 88 di Antonin Dvoràk (1841 – 1904) richiede un’ampio organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani ed ovviamente tutti gli immancabili archi. Dvorak, ormai cinquantenne, completa ed esegue questa sinfonia a Praga nel 1889. In quel periodo sentiva il bisogno di distaccarsi dalla tradizione brahmsiana e tedesca che lo avevano portato al successo e tenta di dar maggior spazio ad un’inventiva personale. La Sinfonia n.8 non risulta particolarmente innovativa nella forma ma rimane comunque intriso nell’opera il tentativo di fuga da un linguaggio rigoroso. In tutti i 4 movimenti Allegro con brio, Adagio, Allegretto grazioso, Allegro, ma non troppo, Dvorak sviluppa i temi con criteri originali, a partire dal primo tempo dove affida  ai violoncelli la frase iniziale in sol minore (la Sinfonia è in sol maggiore). Lo spirito slavo e l’atmosfera leggendaria tipica della sua musica sono inconfondibili dalla prima all’ultima nota. Il protagonismo dei legni e degli ottoni che dialogano con gli archi rendono tutte le sinfonie di Dvorak di grande effetto. La complessità orchestrale viene affrontata da Francesco Ommassini sul podio del direttore con spirito impavido e con gestualità chiara e ritmica.Un’energica sezione di violoncelli e contrabbassi si impone con un suono interessante, dialoga con i fiati pronti ed intonati e, nonostante una sezione di violini meno convincente, il carattere impulsivo del brano emerge pienamente.

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