9, 10 e 11  aprile 2024, Bolzano, Trento e Merano, sono le date che vedranno protagonista la pianista Anna Kravtchenko con l’Orchestra Haydn di Bolzano diretta da Alevtina Ioffe.
Anna Kravtchenko, nata in Ucraina a Charkov nel 1976, manifesta subito una rara passione per il pianoforte che la porta a soli sedici anni, nel 1992, a vincere all’unanimità il Primo Premio al Concorso Pianistico Internazionale Ferruccio Busoni di Bolzano, vittoria che segna l’inizio di una prestigiosa carriera internazionale. Anna Kravtchenko si è trasferita in Italia, dove è stata ammessa “ad honorem” alla “Accademia Pianistica Internazionale di Imola”. Kravtchenko, oltre ad essere sempre presente sulla scena concertistica italiana ed estera è docente presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano.
Abbiamo avuto l’occasione di farle alcune domande sul repertorio di questo concerto e sulla sua carriera.
Ad aprile ci sarà il suo ritorno con l’Orchestra Haydn…

Si, sono molto felice di ritornare a suonare con l’Orchestra Haydn. L’ultima volta è stata nel lontano 2019 con il Concerto di Mozart KV 488.
Come mai proprio con il Concerto n.1 di Šostakovič?
É stato scelto dalla direzione artistica da una rosa di mie proposte. Questo concerto ha una storia molto lunga per me: la prima volta è stata con la Israel Chamber, poi con la BBC, in Olanda, in Sudafrica, penso di averlo suonato almeno quaranta volte. Ora però sono parecchi anni che non lo eseguo, penso una decina di anni…
Qual’è la cosa che la entusiasma di più di questo concerto?
É un concerto molto positivo, molto brillante. Šostakovič stesso diceva che voleva dare l’idea di positività, di felicità che veniva promessa dallo stato ed alla quale la gente credeva. Inoltre ha inserito tanti temi eclettici, derivanti dalla tradizione popolare ma anche da Bach e Beethoven. Šostakovič diceva che nella musica sovietica mancava un concerto per pianoforte ed orchestra e scelse questo stile proprio per andare a completare la letteratura. Doveva quindi rappresentare luminosità, felicità, gioia contagiosa e sono proprio queste le caratteristiche che amo di questo concerto.
A 16 anni ha vinto il Premio Busoni, ad anni di distanza cosa le ha lasciato quell’esperienza?
Non lo so, ma io sono una persona molto sportiva. Se facessi oggi il concorso lo affronterei nello stesso modo. Per me era una cosa naturale andare e suonare, proprio per il mio carattere. Ma è indubbia la grande visibilità che il concorso mi ha dato. Internet non esisteva e quindi ho avuto la possibilità di farmi ascoltare e conoscere da molte persone e quindi poter fare più concerti successivamente.
Oltre a pianista concertista di fama mondiale è anche una importante didatta, si sente più una o l’altra?
Pianista al 100%. Però ho studiato tanto e in maniera meticolosa e questo mi ha fatto sentire il desiderio di parlare e condividere la mia esperienza, quello che so. Forse proprio per questo mi sono lanciata nella didattica, perché mi piace comunicare quello che ho imparato. Fa tutto parte di un processo.
Nel corso della sua carriera è cambiato il rapporto con la musica?
Si, sempre in meglio, è diventato sempre più intenso. Ringrazio il cielo di avermi dato la possibilità di fare questa professione. Penso che sarei persa in qualsiasi altra dimensione e senza la musica.
Negli ultimi anni è una presenza sempre più marcata della scena concertistica, ha altri progetti e/o programmi concertistici per il futuro?
Tantissimi, sono così tanti che non riesco a starci dietro. Mi sembra di non avere proprio il tempo fisico per fare tutto quello che desidererei. Oltre al repertorio classico mi è stato proposto di suonare la Rapsodia in blue di Gershwin e sono molto entusiasta di esplorare nuovi orizzonti, sia barocchi che del 900. Una volta un pianista, Thiollier, mi disse: “ma com’è possibile essere tristi quando c’è così tanta bella musica intorno”.

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