Bolzano-Trento, 9-10 novembre
Ottavio Dantone
Comincerei dall’inizio: come e quando si è innamorato della musica?
Spontaneamente… quando avevo quattro anni i miei genitori mi regalarono una piccola tastierina giocattolo, con la quale imparai a leggere e scrivere la musica da solo. Proseguii così fino a dieci anni, quando già riuscivo a comporre e suonare la musica e riuscii ad entrare nella Cappella musicale del Duomo di Milano come cantore, ci rimasi fino all’età di 13 anni poi andai in Conservatorio. Quindi la musica per me, in una famiglia di non musicisti, è stata una strada naturale, obbligata.
Lei è direttore d’orchestra e clavicembalista. Quali sono le principali differenze e analogie che si riscontrano nella professione di direttore e di strumentista? E riguardo alle possibilità espressive?
Diciamo che l’essere clavicembalista e organista mi ha aiutato moltissimo nella attività di direttore, e viceversa aver fatto l’esperienza di direzione d’orchestra e di voci nell’opera mi ha dato informazioni e nozioni espressive in più di quelle che avevo essendo un semplice strumentista. C’è da dire che l’attività di clavicembalista e, in parte anche quella di organista, richiede all’interprete uno sforzo particolare, essendo il clavicembalo uno strumento che non ha possibilità dinamiche, per cui l’espressione va ricercata in mille altri modi: attraverso il tocco, l’agogica, il respiro… per rendere espressivo ciò che sulla base lo strumento non è. Questo, chiaramente, mi ha portato a ricercare nella musica aspetti retorici, nascosti nei codici della partitura per trovare tutti i mezzi per essere espressivo. Questo mi ha dato una gamma di conoscenza che mi permette di affrontare le partiture già con una consapevolezza sul linguaggio, sull’estetica e tutto questo grazie allo studio che ho avuto la fortuna di fare con una grande esperta di retorica come Emilia Fadini, compianta grande clavicembalista e musicologa.
Dal Barocco a Mahler…un bel salto! Quali i punti d’incontro?
Più che i punti d’incontro vanno analizzati quelli che sono i rapporti della musica attraverso le epoche. La storia della musica è un lunghissimo viaggio, in realtà c’è un rapporto dal gregoriano fino a Stockhausen perché tutto è in divenire ed è importante, secondo me, quando si affronta un periodo storico, conoscerne i precedenti. Più si va indietro, più si avvertono le connessioni semiotiche che hanno portato alla comprensione e alle differenze estetiche della musica. Per cui anche in Wagner ci possono essere gesti che derivano dai precedenti e la conoscenza della musica antica può essere assolutamente utile per leggere cose che magari a volte non si possono neppure scrivere…
Come vive il legame tra musica e tempo?
Allora se per tempo si intende il tempo musicale, il rapporto è importante nel senso che la coscienza del tempo che passa, il considerare il silenzio come musica stessa e riuscire a gestire i suoni e il silenzio attraverso il tempo che passa, è una delle attività fondamentali di un musicista. Se invece ci riferiamo a come considerare la musica al tempo di oggi, bisogna tener presente che noi oggi siamo l’unica civiltà della storia a consumare, vivere, usufruire del passato, delle forme d’arte del passato, non solo la musica. I motivi di questo sono molto complessi ma, senz’altro, quando ci occupiamo della musica del passato è necessario comprenderne i meccanismi linguistici. Da qui la motivazione di usare gli strumenti antichi, ma non solo… non è la cosa principale. La cosa più importante è comprenderne il linguaggio, i suoi tempi, la sua pronuncia, la sua prosodia, riuscire a comprenderne il senso in modo tale da poterlo far comprendere agli altri e vivere le stesse emozioni del passato.
La proposta di direttore musicale è arrivata da un’orchestra geograficamente periferica, l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento. Come ha trovato la compagine regionale?
In passato ho ricevuto diverse altre proposte di essere direttore principale o direttore stabile, non ho mai accettato perché, in realtà, sono già direttore di un’orchestra mia che è l’Accademia Bizantina. L’aver accettato di esserlo anche per l’Orchestra Haydn dipende dal fatto che con loro negli anni ho sviluppato un rapporto sia umano che professionale che mi ha fatto capire che in questa orchestra si può lavorare con serietà, con entusiasmo come in un laboratorio come piace a me, come ho fatto con l’Accademia Bizantina in questi trent’anni. L’obiettivo è cercare insieme un linguaggio riconoscibile, un suono… una riconoscibilità da parte del pubblico: essere un’orchestra che parla una lingua unica.
Quali compositori ritiene più congeniali alle potenzialità dell’orchestra?
Ovviamente l’orchestra per la sua conformazione, per il suo organico. è un’orchestra adatta al periodo che va dal ‘700, poi tutto il periodo Classico, certamente il Romanticismo fino circa alla metà dell”800. Ma questo non vuol dire che non sia in grado di affrontare altri repertori, anche il repertorio del ‘900 storico, ad esempio. E’ un’orchestra certamente flessibile, chiaramente sotto la guida di un direttore specializzato nella musica antica, approfondirà un modo di suonare e una traiettoria artistica molto inclini al repertorio tra ‘700 e ‘800. L’autore più rappresentativo di tutto questo è quello di cui l’orchestra porta il nome, Haydn, del quale abbiamo intenzione durante il mio mandato di affrontare sempre con regolarità le partiture, in questo periodo stiamo suonando e registrando le Sinfonie Londinesi.
Una partitura di Mahler richiede un organico molto corposo, che non rientra nell’ordinarietà della programmazione dell’orchestra Haydn. Come vede questo considerevole incremento d’organico, in relazione all’identità del suono dell’ensemble?
Questa esperienza di Mahler è stata un momento bellissimo di condivisione tra il nucleo dell’orchestra e gli aggiunti che erano composti soprattutto da elementi giovani e molto freschi e di livello notevole. L’identità del suono sta alla base, è il nucleo dell’orchestra. Siamo abituati ad entrare nel dettaglio dell’origine del suono, dei bilanciamenti, degli equilibri… tutto questo l’abbiamo potuto fare durante le prove e se c’è alla base, appunto, un nucleo che è abituato a lavorare in un certo modo, il lavoro diventa agevole soprattutto se a rimpolpare l’orchestra ci sono elementi giovani e devo dire che i giovani di oggi sono non solo bravi ma molto duttili dal punto di vista strumentale e espressivo. Questo, forse, grazie all’incontro che in questi ultimi vent’anni c’è stato tra il mondo della musica antica e quello della musica moderna e c’è una duttilità sia da una parte che dall’altra. Molti complessi di musica antica suonano musica anche dell”800 e viceversa, quindi molti strumentisti moderni si accostano al conservatorio con una piena consapevolezza estetica.
Il pubblico mostra un forte interesse per la musica barocca, che potrebbe invece sembrare lontana, sia in termini storici che culturali. Quale il segreto di tanto successo?
Come ho detto prima non è affatto lontana, visto che sono ormai cinquant’anni che grazie a pionieri del calibro di Harnoncourt e altri, si riscopre non soltanto la musica antica ma anche il modo di eseguirla, rendendola comprensibile. Prima di allora la musica barocca non si era in grado di leggerla per quello che rappresentava per cui la gente non la capiva. Nell”800 nessuno avrebbe suonato regolarmente in concerto musica del secolo precedente ma nemmeno dei cinquant’anni precedenti, tanto meno di duecento anni precedenti… Noi lo facciamo, quindi, si può considerare che la musica barocca e la sua riscoperta, la scoperta del suo linguaggio, della sua intelligibilità e delle sue emozioni sia un fenomeno assolutamente moderno e di attualità. Devo dire anche che la musica barocca, in particolare, sembra avere un’appeal, un interesse ancora maggiore che la musica dell”800 nei confronti dei giovani, dei ragazzi…
Come vede il pubblico di oggi? E’ nuovo o vecchio? Sta cambiando qualcosa o il lavoro da fare è ancora lungo?
Il lavoro da fare è sempre complesso e lungo, il pubblico non credo sia diverso da una volta. Anzi, ultimamente ho l’impressione che i giovani si avvicinino alla musica. E’ necessario da parte dell’intero mondo musicale degli “addetti ai lavori”, non tanto lusingare il pubblico che c’è già, ma attirare il pubblico che non conosce la musica classica, antica, della bella musica che esprime la storia della nostra umanità, riuscire a fargli capire proprio quanto è bella. La musica non è questione di gusti ma di conoscenza come tutte le arti, una cosa a volte non piace perchè non la si conosce affatto. Oggi noi abbiamo la possibilità di usufruire di piattaforme, abbiamo tanti mezzi che una volta non c’erano. Ad esempio noi con l’Accademia Bizantina stiamo facendo dei filmati, dei video un po’ come si fa con la musica pop, ma legati alla musica antica per suggestionare anche con immagini e colori, creare una sinestesia… quella che era tipica del barocco, fatta di suoni, immagini, emozioni, tutte unite insieme a formare l’evento sonoro, lo spettacolo musicale.
Oltre alla direzione dell’Orchestra Haydn, quali sono i suoi progetti futuri?
Ho la mia orchestra, Accademia Bizantina, con la quale incidiamo moltissimi dischi, facciamo tournée in tutto il mondo. Poi collaboro con i teatri con cui ho particolare feeling e dove conosco bene l’orchestra e i suoi meccanismi come Zurigo, La Scala, come l’Orchestra della RAI di Torino, con la quale ho ormai un rapporto di lunga data. Cerco di non affollare troppo i miei impegni perché già mi lasciano pochissimo tempo per la mia attività principale che è quella che mi piace di più, ovvero lo studio.
Altre grandi passioni?
Passerei la mia vita a leggere, a studiare. Ma posso dire che forse la mia altra passione è ritirarmi in campagna, ho una casa in Borgogna, e alternare lo studio alla contemplazione della natura e degli animali. Gli animali e la natura sono una mia grande passione e amo tutti gli animali, tutti tutti tutti. Il mio animale preferito è lo squalo e, forse, a seguire i cavalli. E comunque la natura, la contemplazione e la famiglia sono le mie più grandi passioni, oltre alla musica.