Trento, TEATRO SANBÀPOLIS, 21.01.2024, ore 17
Opera23.24
Lorit – Un’opera della fine dei tempi
MUSICA DI MARIUS BINDER
Libretto Robert Prosser
Direzione musicale | Musikalische Leitung Christoph Huber
Regia | Regie Christina Constanze Polzer
Scene e costumi | Bühne und Kostüme Julia Neuhold
Luci | Licht Luca Bellemo
Orchestra Haydn di Bolzano e Trento | Haydn Orchester von Bozen und Trient
Produzione | Produktion Fondazione Stiftung Haydn
Coproduzione | Koproduktion Tiroler Landestheater
Produttore esecutivo | Ausführender Produzent TILLIT – Institut für Kunst und Wissenschaft
INTERPRETI | BESETZUNG
La Folla / La Morte | Die Menge / Der Tod
Bernhard Wolf
Il Padrino delle funivie | Der Gottvater der Seilbahnen
Jubin Amiri
Il Bel Paesaggio | Die Schöne Landschaft
Laura Schneiderhan
Il Turismo | Der Fremdenverkehr
Manuel Ried
L’Ultima Generazione | Die Letzte Generation
Milena Pumberger
Squadra di soccorso (voci registrate)
Rettungsmannschaft (Stimmen aus dem Off)
Petra Alexandra Pippan, Stefan Riedl
Bolzano. Oper.a 23-24 della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento. NOTHING IS WRITTEN
Prosegue tra Trento e Bolzano il percorso di Oper.a 23-24 curato da Matthias Lošek, per la Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, un percorso di ricerca che dalla stagione 2015-2016 doveva portare il teatro lirico della regione a confrontarsi con le nuove produzione contemporanee, rassegna che è giunta alla sua ultima stagione. E’ stato infatti incaricato Giorgio Battistelli, attuale direttore artistico della Fondazione Haydn, a responsabile della programmazione della sezione opera: un nuovo percorso si apre quindi in regione nell’ambito della lirica motivato anche dal fatto che il direttore generale della Fondazione Haydn, Monica Loss, è stata di recente nominata alla vice presidenza dell’ Associazione Teatri Italiani di Tradizione.

LORIT (se si legge al contrario risulta Tirol) è il progetto vincitore dell’edizione di quest’anno del concorso di teatro musicale Fringe, promosso in ambito di collaborazione con il Land Tirol: un’opera da camera che esplora con taglio critico e satirico i lati oscuri di un turismo straripante e delle sue conseguenze, su testo di Robert Prosser, giovane scrittore austriaco pluripremiato per le sue produzioni letterarie e performative. Ambientato in Tirolo, scritto con un linguaggio popolare, dialettale tirolese, la storia si sviluppa attorno a cinque figure allegoriche: la Morte, il Turismo, il Padrone delle funivie, il Bel Paesaggio e l’Ultima Generazione. L’ultimo giorno dell’ultimissima stagione sciistica dell’umanità, i cinque sono seduti insieme nella cabina di un impianto di risalita. Tutti che si relazionano, solo un ospite rimane in silenzio nel suo vestito strambo da sci a gonna di seta. Tra una dirompente euforia da rifugio di montagna e una disperazione che si fa a poco a poco strada, inizia “il gioco della morte”, al termine del quale, nella lotta tra il cambiamento climatico e la crisi, si impone per appunto una sola cosa: la morte.
La trama è costruita come una pantomima in 5 quadri per la durata complessiva di 90 min. in un unico atto. I personaggi si presentano in abbigliamento da sci, in una scena pressoché vuota con un gabbiotto in ferro che rappresenta la cabinovia, alcune cartine di impianti sciistici sullo sfondo, l’orchestra a lato della scena. Del resto protagonista è l’ultima cabina pronta a partire per raggiungere la vetta e i viaggiatori si trovano nella stazione a valle per affrontare la corsa finale. I personaggi di trovano a condividere uno spazio ristretto ognuno con le proprie aspettative: chi piange lo stato in cui versa il pianeta (Ultima Generazione) e intende incollarsi alla cima della montagna per segnalare l’assenza di alternative nella lotta contro la crisi climatica, chi pretende sempre di più dalla montagna che fa sempre più fatica a offrire neve e paesaggio, chi rivendica la propria bellezza da vendere a qualsiasi prezzo. Nel frattempo, il Padrone delle funivie vede sfumare l’opera di una vita che si sta sciogliendo: deve assolutamente andare sempre più avanti con nuovi impianti sempre più in alto. Gli ospiti si lasciano andare all’allegria fino a quando una brutta tempesta mette fine a questo momento di spensieratezza. Appesi alla fune in balìa degli eventi, abbandonati a loro stessi, non possono andare avanti né indietro. All’improvviso ognuno mostra il suo vero volto, il Padrone la sua sete di vendetta conseguenza diretta di un’infanzia difficile, come figlio di contadini tirolesi, esorcizzata da una volontà di sovrapproduzione di funivie e nello sfruttamento della natura, ora in un declino ormai inarrestabile.
© MoniQue foto – Lorit
Ma sarà lui a trovare l’idea che li salverà: uno Stato appeso alla fune, un regno tutto loro all’interno della cabina che restituisca loro speranza nel futuro. LORIT, il cuore del cuore di tutti i Paesi alpini! (letto al contrario Tirol). Freschi di riappacificazione dopo la costituzione dello stato LORIT, i neoabitanti si trovano a doversi subito difendere da nuovi intrusi. Sempre più ombre si avvicinano alla cabina e cercano di afferrare i viaggiatori. La cabina si svuota sempre di più, fino a che rimane una sola figura: La Folla / La Morte che si ritrova con le ceneri del giovane Stato, poco prima ancora pieno di speranza, davanti a un futuro
incerto. Il compositore Marius Binder decostruisce l’intera cultura commerciale dell’aprèsski, con musica schlager, in cui tutto è finzione nelle valli del Tirolo che si ostinano a mostrare ancora una dimensione folkloristica ma ad uso e consumo del turismo, che vuole alberghi con wellness, bel panorama, neve perfetta, e sbornia da doposci. Il tutto è reso con una sovrabbondanza di ritmi e musica, dagli jodel che si trasformano in canzoni pop stile schlager alpino, che significano l’autodistruzione della cultura musicale alpina, ma anche richiami al cabaret tedesco satirico di Kurt Wail e Karl Valentin con i loro ritmi sarcastici a ballata, tracce di operette, come un inserimento di un arioso wagneriano e di un coro a contrappunto. Le giovani voci impostate sono state capaci di esprimere le personalità dei personaggi rappresentati.

Minimale l’organico orchestrale dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento con alcuni archi, qualche fiato, percussioni e inserimenti elettronici, il tutto gestito da Christoph Huber. Certamente uno spettacolo godibile che fa riflettere sull’attualità. Peccato lo sproloquio finale della Morte, in mutandoni lunghi di lana, dismesso l’abito da sci: quasi 10 minuti di riflessione in linguaggio aulico sulle sorti del mondo, l’unica parte recitata e non cantata. Da tagliare o ridurre perché alla fine toglie attenzione e tensione al risultato finale.