Modena, Teatro Columale Luciano Pavarotti, Sabato 6 febbraio 2021 ore 20
trasmissione video sul canale Youtube di OperaStreaming
https://www.youtube.com/watch?v=b6ZitJyAKAM
Don Carlo. Versione in 4 atti 1884 in forma di concerto
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Joseph Méry e Camille du Locle dalla tragedia Don Karlos, Infant von Spanien di Friedrich Schiller Traduzione italiana di Achille De Lauzières e Angelo Zanardini
Prima rappresentazione assoluta della versione originale in cinque atti:
Parigi, Theatre de l’Academie Imperiale de Musique, 11 marzo 1867 Prima rappresentazione della versione italiana in quattro atti: Milano, Teatro alla Scala, 10 gennaio 1884
Edizioni Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano
Filippo II, Re di Spagna Michele Pertusi
Don Carlo, Infante di Spagna Andrea Carè
Rodrigo, Marchese di Posa Luca Salsi
Il Grande Inquisitore Ramaz Chikviladze
Un frate Adriano Gramigni
Elisabetta di Valois Anna Pirozzi
La Principessa d’Eboli Judit Kutasi
Il Conte di Lerma / un araldo reale Andrea Galli
Tebaldo/ una voce dal cielo Michela Antenucci
Direttore Jordi Bernàcer
Maestro del coro Stefano Colò
Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini
Coro Lirico di Modena
Coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e Fondazione Teatri di Piacenza
In questo perido di sospensione del pubblico, i complessi mondi dei teatri e delle organizzazioni musicali, si stanno trasformando in studi di registrazione. Più abituate, in questo, le sale da concerto pratiche delle registrazioni senza pubblico; i teatri delle fondazioni liriche, che hanno osato intraprendere il percorso della produzione per lo streaming, riescono a comunicare che il mondo del teatro è attivo, capace di produrre e di allestire, certo senza il calore e l’affetto di quelle presenze in sala fatte di applausi come di turbolenze, ma almeno nel rispetto di chi del teatro vive, delle maestranze e tecnici, degli artisti. Il circuito dei teatri di tradizione dell’ Emilia Romagna (la Fondazione Lirico Sinfonica bolognese, i Teatri di Tradizione di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Ferrara e Ravenna, il Teatro Amintore Galli di Rimini) si sono dotati del loro progetto OperaStreaming con proprio canale Youtube che propone il cartellone stagionale di trasmissioni video dal vivo realizzate nei principali enti preposti alla produzione di opere liriche del circuito regionale promuovendo in tal modo la Regione Emilia-Romagna quale territorio di tradizione lirica e di produzione operistica di assoluto prestigio internazionale. Scopo del progetto è altresì quello di fornire, un servizio rivolto a fasce di pubblico svantaggiate nella fruizione delle attività delle sale teatrali. Particolarmente attivi in questa direzione il Municipale di Piacenza e il Comunale di Modena dove la Stagione 2020-21 prosegue in tal modo tra allestimenti e messincampo di opere in forma di concerto. Il 1 febbraio è stato registrato il Don Carlo di Verdi trasmesso in streaming sabato 6 febbraio sul canale dedicato. Una performance in ricordo di Mirelli Freni, soprano, a cui verrà contitolato il Teatro Comunale, e del basso Nicolai Ghiaurov, cittadini di Modena.
Il rito dello spettacolo rimane comunque inalterato: coristi nei loro eleganti abiti neri, i professori d’orchestra nelle loro divise d’ordinanza, il direttore in marsina. Ma la platea del Teatro comunale modenese è stata trasformata in golfo mistico, con le poltroncine di sala ammonticchiate nel foyer, il coro e gli artisti collocati in palcoscenico. Il rito inizia con l’entrata in sala del direttore ma le luci rimangono accese: la registrazione ha inizio. Don Carlo di Giuseppe Verdi nell’edizione in quattro atti, un ritorno alla tradizione dopo l’edizione in cinque atti dell’opera che Giuseppe Verdi approvò per la rappresentazione a Modena nel 1886 e che il Teatro Comunale ha prodotto nel 2012. Non si parla quindi di una edizione filologicamente corretta, anzi sarebbe stata nella norma una versione di routine, ma l’attesa era tanta in questa riproposizione, per alcuni debutti e voci eccellenti. Sul podio Jordi Bernàcer alla guida dell’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini e del Coro Lirico di Modena. Nel cast Filippo II, Michele Pertusi, gran protagonista di questa stagione di streaming, fin dall’applaudito Marin Faliero al Festival Donizetti di Bergamo, nel Don Carlos alla Wiener Staatsoper e nella Messa da requiem di Verdi con l’Orchestra del Teatro alla Scala diretta da Riccardo Chaillly. Accanto il baritono Luca Salsi (Rodrigo, Marchese di Posa), protagonista di due inaugurazioni di stagione al Teatro alla Scala, uno degli artisti più attivi in questa stagione di anomalie, recente Iago nell’Otello in streaming da Firenze. Debutto nel ruolo di Elisabetta per il soprano, Anna Pirozzi (ci tiene a sottolineare che è il suo 14mo ruolo verdiano), appena reduce dalla produzione del verdiano Nabucco alla Wiener Staatsoper, accanto a Domingo, sempre in streaming. Il ruolo del titolo era affidato a Andrea Carè, allievo a Modena di Raina Kabaivanska e di Luciano Pavarotti e uno dei tenori italiani affermati della nuova generazione. La principessa d’Eboli è affidata a Judit Kutasi, mezzosoprano rumeno, interprete di riferimento per questo genere di vocalità di mezzosoprano verdiano che esige agilità.
Per chi conosce la trama dell’opera si è trattato di puro ascolto. Ci si può immaginare qualsiasi impianto scenico, ma la trama che si profila dalle parole dei cantanti rimane quella sostanziale del libretto: il senso di un potere indifferente agli affetti, subordinato ad un’ altra autorità, quello ecclesiastica, che pretende autodafe come espiazione collettiva di peccati di disubbidienza e di ribellioni dell’anima alla stregua delle insubordinazioni al potere. Ciò che si nota forse in questa realizzazione in forma concertata, più che in altre di recente viste, si avverte la mancanza del supporto scenico e la percezione di come la musica verdiana sottolinei il gesto dell’azione, una scrittura musicale dove anche l’azione scenica, quale può essere la consegna di una lettera, il porgere di una spada, lo scatto da una seduta come l’incedere di una entrata in scena hanno una loro precisa sottolineatura musicale, fatta di pause e di attese. E in questo la direzione di Jordi Bernàcer è uscita a ricostruire questa colonna sonora evidenziando la linea musicale che sottende al canto, dove le singole arie emergono da una fitta trama dialogica tra le parti, in una acustica che dava molto risalto al complesso degli ottoni e all’accompagnamento dei violoncelli.
Protagonista nel titolo il tenore Andrea Carè, giovane ma con una importante carriera, non sbandierata, ma di sostanza, maturata con una presenza costante come tenore lirico nei più importanti palcoscenici internazionali, rientrato dalla malattia che l’ha colpito. Onore al merito quindi, in un ruolo ingrato quello di Carlo, protagonista, a cui Verdi ha affidato tante parti d’assieme e in constante dialogo con il resto delle parti, ruolo strutturato drammaturgicamente a cui Carè porge la giusta intonazione, attento al fraseggio nelle parti più strutturate. Senza strafare, qua è là compaiono momenti di disattenzione vocale, ma è attento ai salti di registro che gli competono nella sua aria di entrata “Io l’ho perduta” capace di sostenere d’autorità la controparte delle vocalità possenti di Filippo II come quella del Marchese di Posa, qui sostenuto dal baritono Luca Salsi. Permane la percezione in Salsi di una tendenza al declamato nel fraseggio, a tratti gli sfugge il senso del cantabile, ma nel corso dell’esecuzione, recupera la sua capacità del canto eroico come nei duetti con Carlo “Dio che nell’alma infondere”, nelle parti di contrasto a Filippo II e nel concertato del secondo atto. Con grande pathos ha reso la scena della sua morte.
Cast femminile che comprendeva una esperta di ruoli verdiani quale Judit Kutasi nella parte della Principessa di Eboli. Voce profonda e cupa, capace delle arditezze nella “Canzone del Velo” anche se con imprecisione nei picchiettati previsti, ma di grande escursione vocale come ha dimostrato con la sua scena di assolo “O Don Fatal”. Onore ad Anna Pirozzi, al suo debutto nel ruolo di Elisabetta. Si consolida quale cantante di eccellenza nei ruoli verdiani dove si richiede una voce lirica, sostenuta, capace di espandersi in potenza senza perdere musicalità. Nella sua gestione dell’ aria “Tu che le vanità”, aria complessa poiché richiede al cantante i registri alti e bassi, i volumi di forte e pianissimo, ha saputo dimostrare le sue caratteristiche vocali fatta di legato capace di trasmettere le diverse emozioni drammatiche tra mezze voci e filati come nel duetto finale.
Ma protagonista assoluto del Don Carlo è Filippo II, qui gestito dalla voce del basso Michele Pertusi. Si avverte a tratti la perdita di una facilità di emissione pulita, ma rimane sempre in linea, senza forzature descrivendo tutta la tragicità del personagio di questo dramma musicale. Negli assiemi, come d’autorità nella scena madre del Don Carlo “Ella giammai m’amò”, dove esprime tutta la nostalgia e rassegnazione per un potere che non è nelle sue volontà.
Completano il cast Il Grande Inquisitore Ramaz Chikviladze, voce potente, d’autorità e ben strutturata con a fianco i giovani Adriano Gramigni( Un frate), Andrea Galli, ( Il Conte di Lerma / un araldo reale), Michela Antenucci (Tebaldo/ una voce dal cielo)
Onore al Coro Lirico di Modena che domina gran pate del secondo atto con la gran scena dell’Auto-da-fe diretto da Stefano Colò. Un Bravo a Jordi Bernàcer che a guida dell’Orchestra Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini che è riuscito a trasmettere una idea drammatica e di lettura dell’opera.
Il finale è quello che non ti aspetti: niente applausi, il direttore si volta e si inchina al vuoto della sala, l’orchestra rende omaggio agli artisti. Chi era presente in sala a stento è rimasto in silenzio, scatta un applauso rado, sparso tra i pochi presenti. Non sarà registrato.
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