Verona, Teatro Filarmonico, 13 maggio 2022, ore 20.00
Stagione lirica 2021-2022
Orlando Furioso
Dramma per musica in tre atti di Antonio Vivaldi
Libretto di Grazio Braccioli
Edizione critica a cura di Federico Maria Sardelli.
Casa Ricordi, Milano
Orlando Teresa Iervolino
Angelica Francesca Aspromonte
Alcina Lucia Cirillo
Bradamante Chiara Tirotta
Medoro Laura Polverelli
Ruggiero Sonia Prina
Astolfo Christian Senn
Direttore Giulio Prandi
Regia Fabio Ceresa
Scene Massimo Checchetto
Costumi Giuseppe Palella
Luci Fabio Barettin
Orchestra, Coro e Tecnicidella Fondazione Arena di Verona
Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Allestimento della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia
in coproduzione con il Festival della Valle d’Itria di Martina Franca

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L’Opera di Vivaldi torna a Verona: in scena al Filarmonico L’Orlando Furioso
Verona, 15/05/2022 – La storia di ogni teatro d’Opera si intreccia immancabilmente con
numerosi artisti, cantanti, e compositori che negli anni contribuiscono alla sua vita musicale. Si creano così, talvolta, stretti legami che rimangono nel tempo, associando durevolmente nomi e luoghi, e accrescendo spesso la notorietà e il prestigio dei teatri stessi. Per il veronese Teatro Filarmonico, uno di questi nomi è senz’altro Antonio Vivaldi, che contribuì fin dall’inizio dell’attività operistica all’affermazione del teatro. Fu proprio La fida ninfa,dramma pastorale del compositore veneto, ad inaugurare infatti il teatro il 6 gennaio 1732. Dopo questa, la sala dell’Opera veronese ospitò – nei cinque anni successivi – altre tre prime assolute del Prete Rosso.

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Due secoli e mezzo più tardi, alla fine degli anni settanta, sarà il Filarmonico a rendere a Vivaldi il favore, facendosi protagonista di un’importante riscoperta del patrimonio operistico del Barocco italiano, riportando alla luce meravigliose pagine di musica, ormai dimenticate e non più eseguite. Prima fra queste, nel 1978, fu l’importante rappresentazione dell’Orlando furioso, con regia di Pier Luigi Pizzi e grandi nomi nel cast, tra cui – per esempio – Marilyn Horne nei panni del protagonista. La stagione operistica del Filarmonico ripropone, quest’anno, proprio questo titolo, che dopo decenni torna in scena a Verona nell’allestimento realizzato per il teatro La Fenice di Venezia e il festival della Valle d’Itria. Federico Bertolani riprende l’apprezzato lavoro di Fabio Ceresa, proponendo un appropriato stile registico che arieggia – senza sottintesi – gusto ampiamente barocco. La vicenda si svolge in ogni modo in un contesto sempre funzionale e misurato, senza eccessi, che coglie però l’animo fantastico e irreale del soggetto. Elemento di certo significativo è costituito dalle scene, lavoro di Massimo Checchetto, anch’esse funzionali e di grande impatto visivo. Il sipario si apre, all’inizio del primo atto, su di una gigantesca luna posta in centro al palco, che una volta ruotata da uno dei tanti movimenti della macchina scenica, diviene la grotta dimora di Alcina, dalla forma che ricorda una grande conchiglia e impreziosita da inserti dorati e intriganti giochi di luci. Queste ultime, curate nell’allestimento da Fabio Barettin, accompagnano lo svolgersi dell’intera vicenda con soluzioni tanto funzionali quanto incantevoli, conferendo alla scena magia e colore. Magnifici anche i costumi di Giuseppe Palella, che non rinunciano alla pomposità barocca che spetta agli affascinanti personaggi. Sul piano musicale, la conduzione è affidata al Maestro Giulio Prandi, alla guida dell’orchestra della fondazione Arena di Verona. La performance è gradevole e trascinante, con un suono bello e coeso, che proviene – finalmente – dalla buca d’orchestra che era stata per lungo periodo abbandonata a causa delle restrizioni sanitarie, costringendo i musicisti a schierarsi al livello della platea, con non rare ripercussioni sulla resa sonora e sulla proporzione tra volume orchestrale e dei cantanti. Proprio a questi ultimi, durante tutta l’interpretazione dell’Opera, Prandi sembra riservare una particolare e apprezzabile attenzione, ritagliando loro gli adeguati spazi sonori in cui calare delle performance degne di nota. Si merita una menzione il flauto di Pier Filippo Barbano, che nel primo atto crea un momento di grande magia e suggestione. Il cast, di giovane età media, vede nei panni di Orlando il mezzosoprano Teresa Iervolino, di recente a Verona come Fenena per la rappresentazione areniana del Nabucco. Il suo debutto nel ruolo del titolo risulta efficace e convincente, e mette in luce importanti capacità tecniche e la versatilità di impersonare con successo l’Orlando eroico così come quello innamorato, quello tormentato così come quello in preda alla pazzia. Chiara Tirotta, anch’essa ultimamente impegnata in produzioni della fondazione – come i due recenti titoli Rossiniani e il Così fan tutte – è in questa occasione una determinata Bradamante, che dà dimostrazione di significativa estensione vocale.

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Eccellente il Ruggiero di Sonia Prina, che fonde un’ottima interpretazione del personaggio
con una prova musicale di grande spessore. Ben strutturata e scattante nei passaggi di
registro, la voce del contralto arriva con energia e volume. Molto apprezzabile anche l’Alcina di Lucia Cirillo, interpretata con personalità e avvenenza, di bella voce e curata nei dettagli, con un volume che forse – in alcuni momenti – cala leggermente sotto a quanto atteso. Il ruolo di Angelica è di Francesca Aspromonte, che come già fatto nelle rappresentazioni Veneziane costruisce un personaggio elegante e coinvolgente, con ottima performance vocale. Laura Polverelli, con spigliatezza e capacità musicale, impersona con successo il ruolo di Medoro, così come l’unica voce maschile, l’Astolfo di Christian Senn, che risulta piacevole ed accurato. Completa la rappresentazione la meritevole partecipazione del coro della fondazione Arena, preparato dal maestro Ulisse Trabacchin e schierato inusualmente nei palchetti della barcaccia. Nella rappresentazione di venerdì 13 maggio, circa metà dei posti in sala sono occupati, con un’importante (e ormai frequente) partecipazione di giovanissimi ascoltatori.
L’apprezzamento del pubblico è generoso durante tutta la rappresentazione e alla fine
dell’Opera, e premia certamente la scelta di inserire un titolo che si discosta
da quanto solitamente in programma.

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