Parma, Teatro Regio 13 ottobre 2024, ore 15
Festival Verdi 2024
MACBETH
versione in francese, Parigi 1865
Musica GIUSEPPE VERDI
Melodramma in quattro parti su libretto di Francesco Maria Piave, da Shakespeare.
Traduzione in francese di Charles Louis Étienne Nuitter e Alexandre Beaumont
Revisione a cura di Candida Mantica
sull’edizione critica a cura di David Lawton
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano.
Macbeth ERNESTO PETTI
Lady Macbeth   LIDIA FRIDMAN
Banquo RICCARDO FASSI
Macduff LUCIANO GANCI
Malcolm DAVID ASTORGA
La Comtesse NATALIA GAVRILAN
Un Médecin ROCCO CAVALLUZZI
Un serviteur/Un sicaire/Premiere fantôme EUGENIO MARIA DEGIACOMI
Deuxième fantome AGATA PELOSI
Troisième fantome ALICE PELLEGRINI
Direttore ROBERTO ABBADO
Regia PIERRE AUDI
Scene MICHELE TABORELLI
Costumi ROBBY DUIVEMAN
Luci JEAN KALMAN, MARCO FILIBECK
Coreografie PIM VEULINGS
FILARMONICA ARTURO TOSCANINI
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
Maestro del coro MARTINO FAGGIANI
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma
pf Roberto Ricci ©Festival Verdi

La scelta di presentare la versione in francese del Macbeth era stata approntata ancora nella programmazione del Festival 2020 da parte di Roberto Abbado nella sua funzione di Direttore artistico, ma per le note circostanze, fu presentata in forma di concerto, come anteprima del complesso lavoro di edizione critica attuato da Candida Mantica sulla base del lavoro precedentemente svolto da David Lawton. In questa edizione 2024 del Festival Verdi, sotto la direzione artistica di Alessio Vlad, si è concretizzata la sua realizzazione. La revisione musicale in lingua francese del Macbeth per Parigi nel 1865, fu condotta direttamente sul testo poetico italiano, per cui la sua traduzione fatta dai due librettisti francesi è una sovrapposizione letterale senza quindi una modifica della parte ritmica sulla nuova versione, in cui Verdi apporta alcune importanti revisioni, sia al libretto sia alla musica rispetto alla versione del 1847. Per la committenza parigina, Verdi riprende in mano l’opera assieme a Piave modificandone l’impianto partecipe dei gusti dell’Operà. Le principali modifiche introdotte riguardano la sostituzione della cabaletta di Lady Macbeth del secondo atto, «Trionfai, securi alfine», con l’aria «La luce langue»; la cabaletta di Macbeth del terzo atto «Vada in fiamme» con il duetto tra Macbeth e Lady Macbeth «Ora di morte e di vendetta»; l’inserimento, sempre nel terzo atto, dei ballabili, indispensabili per le convenzioni francesi; inoltre, nel quarto atto, l’introduzione di un fugato orchestrale per rendere l’infuriare della battaglia, durante la quale Macduff uccide Macbeth. La versione parigina dell’opera, giunta al Théâtre Lyrique il 19 aprile 1865 non piacque alla critica parigina che accusava Giuseppe Verdi di aver sfigurato il dramma shakespeariano, già all’origine nel libretto italiano. Questa versione di Macbeth, riproposta nella versione in italiano e presentata per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano nel 1874, è oggi quella di riferimento, abbandonando del tutto, salvo alcuni recuperi, la versione del 1847. Opera difficile e non scontata nella produzione del Verdi giovanile il Macbeth. Fin dalla sua prima edizione, Verdi fa saltare lo schema recitativo, aria e cabaletta, e le idee melodiche si susseguono secondo la struttura del dramma, senza forme prestabilite che nella versione parigina vengono amplificate. La scelta di Roberto Abbado alla testa della Filarmonica Toscanini, è stato quella di restituire all’ascolto queste intuizioni di Verdi, puntando proprio sulla fluidità narrativa della sua scrittura.  Anche perché si avverte nella gestione musicale della direzione una limatura delle asprezze vocali, la ricerca del declamato melodico, la ricerca della trama sinfonica che connette l’azione drammatica, la struttura scenica che si costruisce su una condotta agile e naturale delle voci.


L’idea registica di Pierre Audi  sarebbe stata quella di restituirci  il rituale di una rappresentazione teatrale con un primo atto che ha da sfondo la sala del Regio, scenografia firmata da Michele Taborelli, in una ambientazione con costumi di scena  stile secondo impero, con le streghe signorilmente di nero vestite, divise d’epoca con frak e cappelli a cilindro (il periodo della rappresentazione parigina) realizzati da Robby Duiveman, una idea che sa di già visto e che non aggiunge nulla alla lettura del dramma, anzi quasi lo appesantisce. Poche azioni se non funzionali all’entrata e alle uscite. Quando però abbandona il gioco del teatro nel teatro e prosegue con una propria intuizione affidandosi all’essenza del dramma shakespeariano, ecco che emerge l’essenzialità della tragedia. Lo fa nel coso del primo atto nella scena del duetto tra Macbeth e Lady che si svolge con fondali quintati rossi che contribuivano a isolare i due personaggi nell’essenzialità della scena. Dramma che si preannuncia in tutta la sua consistenza musicale e interpretativa in tutto la seconda parte dove la vicenda si trasforma in violenza e strage, metafora della attualità del potere dittatoriale. Per un verso sembra che schiacci un occhio alla rappresentazione teatrale del Riccardo III del regista inglese Richard Eyre ripresa in film da Richard Loncraine in ambientazione anni’30.

La regia gioca però troppo mischiando tempi storici tra i costumi di foggia militare moderna, e nel contempo con spade e mantelli, ma sintetizzando la scena con la struttura essenziale a griglie su sfondo lavorando sul contrasto chiaroscurale con inserimenti di fasci di luce in rosso. Interessante la rilettura di Audi sull’aspetto diabolico di Lady Macbeth come parte attiva del Sabba del terzo atto: recupera infatti la tradizione fatta propria dallo stesso Shakespeare per il personaggio della Lady fosse capace nell’evocare spiriti infernali, nel momento in cui condivide con Macbeth quel filtro diabolico preparato dalle streghe veggenti nel loro vaticinio di morte.
E qui le voci della coppia infermale, con il ruolo protagonista affidato al giovane baritono Enrico Petti e la Lady di Lidia Friedman, restituiscono all’opera verdiana tutta la tragicità della vicenda umana e psicologica dell’opera originaria shakespeariana che su muove su due piano quella della logica e perversione del potere a tutti i costi e della suggestione del sovrannaturale. E se Enrico Petti si è distinto per  una linea di canto impostata su voce ampia  ben strutturata e musicalmente fluida restituendo un personaggio dilaniato dal dubbio e dai propri fantasmi mentali (l’impossibilità del sonno)  e reali (lo spettro di Banquo) Linda Fridman ha dato dimostrazione di quanto Verdi ha previsto per il personaggio, estensione  e agilità assieme ad un fraseggio robusto, quella voce “brutta”, ricca di chiaroscuri, che richiedeva Verdi stesso alla Barbieri Nini, prima Lady a Firenze nel 1847, come la denota in una lettera a Salvatore Cammarano del 23 novembre 1847 “io vorrei Lady Macbeth brutta e cattiva…voce senza artifici, … io vorrei in Lady una voce aspra, soffocata, cupa..vorrei che avesse del diabolico”. La parte meno riuscita di tutto l’allestimento sono stati i ballabili con le coreografie di Pim Veulings sia nella parte del sabba che nella sfilata delle Silfidi, qui affidati a giovanissimi danzatori.

Successo condiviso dal restante cast che comprendeva la malinconica e interpretazione del Banquo di Riccardo Fassi, dal Macduff eroico di Luciano Ganci, con la sua aria “Mes fils, mes fils chéris” affiancato nell’atto finale dalla baldanza del Malcolm di David Astorga presente nel 2020, come allora anche la dama, Comtesse, qui, con la voce sicura di Natalia Gavrilan, dal Medico, con il giovane Rocco Cavalluzzi. Parte integrante del cast il coro diretto da Martino Faggiani che ha saputo gestire nella componente femminile il complesso delle scene delle streghe, e nell’assieme, lo struggente Patria oppressa ” O patrie! Ô noble-terre” come nei due finali. Un esito pieno e convinto rimarcato da tutti i settori del teatro nella rappresentazione pomeridiana con calorosi applausi da parte di un pubblico, anche straniero, che gremiva il teatro Regio che sottolineava con i suoi interventi i passaggi più salienti dell’opera e sfociando in una vera e propria ovazione nei confronti di Roberto Abbado e dei principali protagonisti.

 

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Laureata in Filosofia all'Università di Bologna e curatrice degli archivi comunali di Riva del Garda, ha seguito un corso di specializzazione in critica musicale a Rovereto con Angelo Foletto, Carla Moreni, Carlo Vitali fra i docenti. Ha collaborato con testate specializzate e alla stesura di programmi di sala per il Maggio Musicale Fiorentino (Macbeth, 2013), Festival della Valle d'Itria (Giovanna d'Arco, 2013), Teatro Regio di Parma (I masnadieri, 2013), Teatro alla Scala (Lucia di Lammermoor, 2014; Masnadieri 2019), Teatri Emilia Romagna (Corsaro, 2016) e con servizi sulle riviste Amadeus e Musica. Attualmente collabora con la rivista teatrale Sipario. Svolge attività di docenza ai master estivi del Conservatorio di Trento sez. Riva del Garda per progetti interdisciplinari tra musica e letteratura. Ospite del BOH Baretti opera house di Torino per presentazioni periodiche di opere in video.

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