di Monica Maranelli
Verona, Teatro Filarmonico 30 ottobre 2020, ore 20.00
(via streaming) http://arena.it/tv
Zoltán Kodály
Danze di Marosszék
Béla Bartók
Concerto per viola e orchestra Sz. 120
Franz Liszt
Rapsodie ungheresi n.4, n.5, n.3 S 359
Direttore d’orchestra Vittorio Bresciani
Viola Giuseppe Mari
Con il patrocinio dell’Ambasciata di Ungheria
Orchestra dell’Arena di Verona
“La musica non si ferma”, questo il messaggio lanciato dalla Fondazione Arena di Verona che, nonostante le restrizioni del momento, ha voluto dare la possibilità al suo pubblico di ascoltare i concerti previsti in cartellone. La Fondazione Arena ha attivato una webtv accessibile a tutti dove i concerti vengono caricati e resi disponibili gratuitamente, lodevole esempio di come la tecnologia possa supportare anche l’arte.
Il nono concerto programmato il primo trasmesso della Stagione 2020 via web è stato patrocinato dall’Ambasciata dell’Ungheria, con un programma appositamente dedicato ai compositori che fecero grande la tradizione musicale ungherese. Giocato tutto in casa con solista la prima viola dell’orchestra della Fondazione Arena, Giuseppe Mari e direzione affidata al pianista veronese, docente al Conservatorio veronese Vittorio Bresciani , nonchè esperto nell’interpretazione pianistica di Franz Listz. Infatti i veri protagonisti dell’evento sono stati due tra i più rilevanti compositori ungheresi, magistralmente diretti da Vittorio Bresciani che, con carattere, ha guidato l’Orchestra dell’Arena di Verona. Lo spirito ungherese si respira subito con la prima proposta, le inusuali e raramente eseguite Danze di Marosszék di Zoltàn Kodàly. I ritmi popolari e cadenzati trasportano l’ascoltatore nelle tradizionali feste dei paesi della Transilvania, che tramandavano, ballando e cantando, queste danze fino a meno di un secolo fa. L’ascolto prosegue con il Concerto per viola e orchestra Sz. 120 di Bèla Bartòk, dove la prima parte di viola dell’orchestra dell’Arena ha svolto il ruolo solista. Non è facile comporre un concerto con questo strumento come solista ma Bartòk riesce in questo lavoro ad esaltare le sonorità calde della viola e i virtuosismi, eseguiti con ammirevole disinvoltura da Mari, non fanno sentire la mancanza di uno strumento più agile come il violino, prediletto solista dai compositori.
L’impronta compositiva all’avanguardia di Bèla Bartòk si esprime con toni tumultuosi, quasi demoniaci che lasciano sempre spazio a momenti di armoniosa bellezza come a ritmi molto rapsodici. Ritmi che introducono al pubblico l’ultimo ascolto, le Rapsodie ungheresi n.4, n.5 e n.3 S 359 di Franz Liszt. Brani decisamente più conosciuti, le 19 Rapsodie vengono composte originariamente per pianoforte, in quest’occasione proposte però nella trascrizione di Ferenc Doppler per grande orchestra. Il periodo di composizione non è certo, ma certo è l’interesse di Liszt a favore dei moti rivoluzionari per l’indipendenza dell’Ungheria dall’Austria, che ne hanno ispirato la scrittura.Liszt in quest’occasione rielabora temi tzigani e popolari, sviluppando all’interno di questi lavori il suo carattere virtuosistico con fantasia e libertà espressiva, caratteristiche che portano il concerto ad una conclusione di grande grinta. Nonostante la mancanza del calore del pubblico, il coinvolgimento dell’Orchestra dell’Arena di Verona ha portato l’energia di questa musica, grazie anche ad un eccellente qualità di riprese audio-video, nelle case di tutti gli spettatori.