di Alessandro Arnoldo
Milano | Teatro alla Scala | 28 aprile 2023, ore 20
Filarmonica della Scala | Stagione sinfonica 2022/2023
P.I. Čajkovskij Sinfonia n. 5 in mi min. op. 64
D. Šostakóvič Sinfonia n. 5 in re min. op. 47
Filarmonica della Scala | Timur Zangiev, direttore
Un viaggio tra dolore ed euforia!
Nato nel 1994 nell’Ossezia del Nord-Alania, Timur Zangiev è diventato noto al pubblico milanese per aver sostituito Valery Gergiev sul podio scaligero in occasione della “Dama di Picche“ di Ciaikovskij. Salito sul podio della Filarmonica della Scala già lo scorso autunno, il giovane direttore russo è tornato per tre appuntamenti della stagione sinfonica scaligera con un programma che accosta due pietre miliari della tradizione compositiva russa: Čajkovskij (Sinfonia n. 5 in mi min. op. 64) e Šostakóvič (Sinfonia n. 5 in re min. op. 47).
Il primo è di certo uno dei più grandi romantici; con la sua musica ha subito attirato il pubblico russo e internazionale. Accanto a questa adorazione pubblica sono arrivate le critiche di sentimentalismo. Laddove Čajkovskij ha affrontato forme più astratte i critici son stati financo più duri. La Sinfonia n. 5 ne è stata la dimostrazione: un recensore di Boston brontolò che il Finale gli avesse fatto venire in mente “un’orda di demoni che si dibattono in un torrente di brandy”. Ciò nonostante, e per fortuna, l’imponente partitura è rimasta amata dal pubblico sin dal suo debutto. Ritroviamo tra le righe del suo pentagramma la lotta dell’individuo con il destino, diviso tra speranza e abbattuta sottomissione. Un viaggio dall’angoscia all’euforia introdotto magistralmente dal primo clarinetto della Filarmonica che intona il “tema del destino” accompagnato da cupi accordi dell’orchestra. Poi la musica si scrolla di dosso la malinconia e l’orchestra inizia a galoppare, sotto il gesto preciso, generoso e straordinariamente efficace di Zangiev. Ad aprire il secondo movimento, un altro assolo dolorosamente malinconico, in questo caso intonato con grande eleganza dal primo corno. Qui l’orchestra della Scala rende bene l’oscillazione continua tra dolore e speranza. Infine, dopo un leggero e cortese valzer non troppo luminoso, il destino esulta in una marcia interrotta quasi subito dall’orchestra in tonalità minore che, superato un frenetico scontro cede definitivamente ad uno stato d’animo vittorioso, con una coda breve ma inequivocabilmente gioiosa.
Tornando ai recensori, all’inizio del decennio, Šostakóvič era riconosciuto come il beniamino dai critici culturali sovietici, ma nel 1936 la Pravda pubblicò una feroce denuncia della sua Lady Macbeth del distretto di Mtsensk. La risposta del compositore fu di ritirare immediatamente la sua Quarta Sinfonia; in seguito, con la sua Quinta – che un giornalista definì notoriamente “la risposta di un artista sovietico alla giusta critica” – riuscì a placare i critici del governo, riaffermando la sua integrità artistica. Sebbene si tratti di una sinfonia “assoluta” (senza alcuna storia o narrazione extra-musicale collegata), Šostakóvič ha incluso la breve didascalia di “una lunga battaglia spirituale, coronata dalla vittoria” nelle note al programma. Ritroviamo quest’immagine nel tema minaccioso scandito degli archi scaligeri, un’amara marcia verso un nemico implacabile. Da segnalare l’impeccabile interpretazione di Laura Marzadori, giovane spalla della Scala, nell’assolo del Trio, capace di stuzzicare l’intera orchestra che trasforma l’allegra melodia in una pomposa e grottesca parodia di se stessa. Ora gli ottoni riposano, lasciando sfogare in una tristezza straziante il resto dell’orchestra, ottimi qui anche oboe, flauto e fagotto in quello che è il nucleo emotivo della sinfonia. La bacchetta sopraffina di Zangiev a questo punto accende l’intera orchestra in una tempesta di fuoco, annunciata dai martellanti timpani e da una sfolgorante fanfara di ottoni prima che tutto finisca come in una “tragedia irreparabile”.
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