di Annely Zeni

Domenica 22 settembre – ore 20.30
Trento – Chiesa di San Francesco Saverio
“ARION ROMANUS”
Carissimi a 350 anni dalla morte, Maestro dell’Europa Musicale
Ensemble Seicentonovecento
Flavio Colusso direttore al cembalo

ph Annely Zeni

Giacomo Carissimi: 350 anni dalla morte! A tutti gli scettici verso le ricorrenze, considerate giustificative  per il recupero di anticaglie meglio destinabili al CRM di maggior prossimità, serva di lezione il lavoro di Flavio Colusso, musicista e musicologo d’origini friulane ma romano d’adozione, da quarant’anni attento e amorevole studioso dell’opera di Carissimi. Un Carneade per i più, un nome da studiare per completare il programma d’esame in Conservatorio, un catalogo compositivo da cui dedurre qualche numero integrativo ad una locandina di musica sei-settecentesca. Ma a chi fosse stato presente quando, nella Chiesa di San francesco Saverio a Trento,  nell’ambito del prezioso festival TrentoMusicantica (emanazione del Centro d’eccellenza Laurence Feininger con il Centro S. Chiara di Trento) si poteva ascoltare l’esito sonoro di quella lunga dedizione, paradossale ma vero, se ne sortiva con l’impressione di non poter più immaginare la musica barocca senza Carissimi. Al tempo suo se n’erano pure accorti: “fu ogni nota sua una gemma perché svelò dell’arte più pretiosa i pregi, oppure  lo si diceva “capace di trasportare gli animi verso qualsiasi sentimento” e  delle sue opere? “Rose che hanno potuto aspirare alla corona nel Regno della Musica”. Ampollosità gratuite? Tutt’altro….verità incontrovertibili piuttosto, per quanto esposte con lo stile retorico del Seicento. La proposta di una monografia dedicata ad una raccolta di mottetti sacri, termine del tutto riduttivo considerando il caleidoscopio dei più diversi atteggiamenti formali della silloge,  rendeva ragione di quel principio di una musica serva dell’orazione, caldeggiato dal divino Monteverdi come “seconda prattica”. In sostanza musica drammatica, come quella del divino Verdi (e ci sarà pure un dna comune, se il bussetano concionava di tornare all’antico per essere moderni),  che dalle parole deduce emozioni continuamente cangianti (affetti secondo la terminologia dell’epoca) da raccontare attraverso voci e strumenti, in un’ottica squisitamente mimetica. E senza alcun timore di incorrere in scomuniche, perché anche il papa si sarebbe commosso (etimologicamente messo in moto) nell’ascoltare quei testi latini, taluni di proveninza liturgica, gli altri forse redatti all’interno delle pratiche devozionali dell’ordine gesuitico, ma sempre con gran sapienza ed eleganza letteraria, rivestiti da voci cantanti e suonanti. “Liber primus sacrarum cantionum I II III IV V vocibus vel instrumentis concinendarum” recita la stampa, anno 1670, della raccolta, dove il Carissimi si firma con il titolo accademico di “Arion Romanus”, a conferma delle sue riconosciute qualità musicali, ereditate simbolicamente dal mitico cantore e citareda Arione, portato in salvo da un delfino “commosso” (pure lui) dalla sua musica. Pieno stile concertante pertanto da cui l’esigenza per Flavio Colusso, perfettamente immedesimato nel suo mentore, di trovare i suoi delfini, circondandosi di musicisti sopraffini, come lui barocchisti esperti, dietro la sigla di Ensemble SeicentoNovecento.

Sodalizio blasonato naturalmente e per l’occasione trentina  composto da tre vocalisti e quattro strumentisti attorno al clavicembalo di Arione Flavio Romanus. Novanta minuti di sorprese e meraviglie generosamente distribuite dalle voci sopranili di Margherita Chiminelli  – sorta di angelo biondo dagli acuti e acutissimi di straodinaria levigatezza- e Chiara Chizzoni– angelo bruno con splendidi acuti ma anche centri sensuali (tanto per confermare le ambiguità del secolo) e dal baritono Mauro Borgioni (bellissima estensione e timbro caldo e penetrante) impegnati in numeri solistici (per esempio il dolcissimo natalizio Viderunt te per soprano, il terribile Lucifer, mini oratorio per la voce grave) sempre assieme al basso continuo gestito con sovrana intelligenza coloristica attraverso la tiorba di Andrea Damiani, l’organo di Andrea Cohen  a fianco di Colusso. Per non dire dei brani d’assieme, in tutti i casi conditi di sovrabbondanti figure ornamentali ad alto tenore virtuosistico, coinvolgendo anche le voci strumentali dei violinisti Katarzyna Sulecka e Valerio Losito, in particolare nel mottetto Laudemus Virum “voltato per 2 violini” secondo una pratica che trovava gli strumenti a sostituire le voci onde esibire altrettanta bravura. Ad omaggiare ulteriormente Carissimi contrappuntava il denso programma anche un mottetto a voce sola Quid agis, dedotto dal folto catalogo creativo dello stesso Colusso,  seguace puntuale degli storici predecessori alla Chiesa romana di Santa Maria dell’Anima, ordine teutonico: Kappelmeister Arion Flavius in Carissimi!

 

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