Bolzano, Auditorium Haydn, 10 dicembre 2024, ore 20
Nella sua opera del 2007 Cede pietati, dolor. Le anime di Medea, Silvia Colasanti “traduce” in musica le “anime” contraddittorie di una donna che non intende sopportare lo scherno dei suoi nemici. Con la sua Quarta Sinfonia “romantica”, Anton Bruckner sembra tracciare quelle immagini “confuse” che “con il variopinto gioco di colori e l’illuminazione sorprendente di rado infiammano lo spirito”, e che Heinrich Heine respinge beffardo nel 1820 nel suo saggio Il Romanticismo. Sentimentalismo anziché acume? Il movimento iniziale è un’immagine tratteggiata musicalmente di una “città medievale” al “crepuscolo mattutino”, e “dalle torri cittadine risuonano richiami – le porte si aprono – su fieri cavalli i cavalieri partono al galoppo all’aperto – rumori di bosco”, scrive Bruckner all’amico e più avanti biografo August Göllerich. Più tardi liquiderà i propri tentativi di interpretazione con la frase pronunciata in dialetto: “Ja, da woaß i selber nimmer, was i mir dabei denkt hab” (Sì, non so nemmeno io cos’avessi in mente). Una cosa è certa: come tutte le sinfonie di Bruckner, anche la “Quarta” è un “work in progress” la cui evoluzione consente di gettare un’occhiata dietro le quinte del lavoro di composizione. La monumentale versione originale è pronta nel novembre 1874 e viene modificata nel 1878 e nel 1880. L’Orchestra Haydn suona la versione rivista, eseguita per la prima volta dai Wiener Philarmoniker diretti da Hans Richter il 20 febbraio 1881.
La direzione direzione, fluida, chiara, limpida, maestosa, sapiente energica, sensibile, attenta, umana, empatica, raffinata e precisa del Maestro Renzetti conduce l’Orchestra attraverso i momenti danzanti , eleganti, maestosi, giocosi e festosi della grande Sinfonia. Mentre nel brano della Colasanti riesce a far cantare l’Orchestra come fosse una voce sola, la voce di Medea, un canto che si snoda attraverso parti ritmiche e picchi drammatici passando per pianissimi favolosi affidati al primo violino che introduce un nuovo lamento più dolce e delicato a cui fanno seguito poi tutti gli archi e fiati concludendo con un rullo di tamburi e un colpo di gran cassa il dolore e la rabbia straziante di Medea. Applausi a non finire per tutti.