Venezia Stagione Lirica 2023-2024, 16 marzo 2024, ore 15.30
Maria Egiziaca
Mistero in tre episodi
Libretto di Claudio Guastalla
Musica di Ottorino Respighi

Maria Francesca Dotto
Il pellegrino, L’abate Zosimo Simone Alberghini
Il marinaio, Il lebbroso Vincenzo Costanzo
Un compagno Michele Galbiati
Un altro compagno, Il povero Luigi Morassi
La cieca, La voce dell’Angelo Ilaria Vanacore
Una voce dal mare William Corrò
Danzatrice Maria Novella Della Martira
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
direttore Manlio Benzi
maestro del coro Alfonso Caiani
regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
light designer Fabio Barettin

La Stagione Lirica e Balletto fenicea 2023-2024 porta sul palco del teatro Malibran “Maria Egiziaca” di Ottorino Respighi, nel nuovo allestimento della Fondazione Teatro La Fenice. Il 16 marzo 2024, a distanza di 92 anni esatti dalla sua prima esecuzione (avvenuta il 16 marzo 1932 alla Carnegie Hall di New York), il titolo di rarissima realizzazione va in scena per l’ultima rappresentazione, confermando il successo delle precedenti recite in cartellone dello spettacolo a firma di Pier Luigi Pizzi.  L’opera riprende la leggenda medievale della santa di Alessandria, citata da Goethe nel “Faust” e narrata dal trecentesco Domenico Cavalca in “Vite de’ Santi Padri”. La bella e dissoluta prostituta Maria, dopo aver trascorso la gioventù nella più sfrenata libertà di costumi, avverte improvvisamente una voce misteriosa, che fa nascere in lei l’irresistibile desiderio di raggiungere la terra d’oltremare. Alla contemplazione della Croce di Cristo nel tempio di Gerusalemme, la donna compie una sincera conversione e si fa condurre dall’Angelo di Dio sulla via del pentimento e della penitenza. Quindi, Maria intraprende una vita di eremitaggio nel deserto, dove viene trovata morente dal monaco Zosimo. L’abate l’assiste nella trasfigurazione e provvede alla sua sepoltura con l’aiuto di un Leone.  

Ph: Roberto Moro

Il trittico da concerto descrive il percorso della redenzione di Maria, articolato in tre stazioni, ovvero i tre episodi dell’opera; il primo pannello – che presenta la partenza da Alessandria della giovane e sfrontata peccatrice, pronta ad offre ai marinai il proprio corpo in cambio del viaggio – rappresenta il peccato, il secondo – che culmina con la folgorazione al tempio di Gerusalemme – è centrato sulla conversione, mentre il terzo quadro – dove Maria, anziana e consumata dal lungo errare nel deserto, riceve la benedizione di Zosimo – simboleggia l’espiazione. Lo spettacolo secondo Pier Luigi Pizzi pone la musica al centro, incorniciandola con un dispositivo scenico ridotto che, pur non prevedendo un vero e proprio polittico medievale (come previsto dalla didascalia all’incipit del libretto), ben si adatta al carattere iconografico del soggetto. La scena è costituita da una pedana lignea con una cavità centrale, su cui compaiono pochi ed essenziali elementi: una barca e la Croce, che contribuiscono a trasformare il palco da porto di Alessandria a tempio di Gerusalemme. Sullo sfondo, un led-wall dove si susseguono proiezioni evocative dei luoghi dell’azione (filmati talora emblematici, come per esempio il grande occhio che all’inizio del terzo quadro illumina con un raggio di luce il deserto, o la foresta di croci che si fa scenario della trasfigurazione della santa). I costumi, ad opera del regista stesso, sono analogamente minimali ed efficaci, manifestando anch’essi il percorso di cambiamento spirituale su cui si snoda la vicenda: nel primo quadro l’abito verde e provocante della dissoluta Maria si accompagna ai neri e ridotti costumi dei marinai, che ne mettono in mostra la fisicità. In seguito, la protagonista appare in una monacale tunica bianca, simile a quella del pellegrino. Quello di Pizzi appare dunque un allestimento improntato alla semplicità, motivando così anche la scelta di intervenire sul testo di Guastalla, originariamente connotato da linguaggio arcaico, fedele alla fonte di Cavalca.

Photo: Roberto Moro

Nel ruolo del titolo, Francesca Dotto, interprete dalla vocalità duttile e grande carisma scenico. Il soprano trevigiano rende alla perfezione la metamorfosi della santa: nel porto di Alessandria si muove con sensuale vivacità, mantenendo sempre mirabili padronanza tecnica e destrezza nell’uso dello strumento vocale; con la folgorazione assume poi gestualità meste, risaltando la dimensione lirica e drammatica dell’anziana donna provata dai lunghi anni di vita nel deserto. Stupisce particolarmente l’espressività delle sfumature dinamiche con cui tratteggia l’abbandono e la morte della santa. Simone Alberghini ricopre il duplice ruolo del pellegrino e di Zosimo, mostrandosi capace di differenziare i due personaggi. Il carattere aspro con cui rappresenta la furia del pellegrino, lascia spazio a sonorità più profonde, articolate in considerevoli varietà dinamiche del pietoso abate. Il marinaio di Vincenzo Costanzo ha voce ben proiettata e vibrante musicalità, che assume un convincente carattere raccolto nei panni del lebbroso. I compagni del Marinaio, che nella partitura sono affidati a soprano e mezzosoprano, sono qui validamente rappresentati da Michele Galbiati e Luigi Morassi, che ricopre anche il ruolo del povero, sfoggiando notevoli vocalità e presenza scenica. Analogamente meritevoli le prestazioni di Ilaria Vanacore, la cieca e la voce dell’Angelo e di William Corrò, un’affascinante voce dal mare.  La bravissima danzatrice Maria Novella Della Martira anima gli interludi strumentali, raccontando i viaggi affrontati dalla protagonista (la tempestosa traversata da Alessandria a Gerusalemme e il percorso che conduce la donna nel deserto).

Photo: Roberto Moro

Alla testa dell’Orchestra del Teatro La Fenice, Manlio Benzi che valorizza la partitura densa di molteplici suggestioni, facendone risaltare la ricchezza timbrica e le sfumature dinamiche. Nella scrittura di Respighi si susseguono, infatti, sonorità di gusto gregoriano, atmosfere medievali, elementi del primo-novecento, componenti più ariose-operistiche ed episodi sinfonici. La bacchetta del maestro riesce nel difficile compito di delineare ciascuna tinta musicale, passando dall’una all’altra con fluidità e rispettando sempre l’equilibrio tra voci e sonorità orchestrali. La prestazione dell’Orchestra (in organico cameristico) – con il valido contributo del maestro Roberta Paroletti al clavicembalo – è come sempre pregevole per la precisione e per il suono avvolgente, che colpiscono in particolar modo nei due interludi strumentali. Altrettanto efficace il coro preparato da Alfonso Caiani, che accompagna in modo suggestivo la scena: rimanendo celato durante il “Vexilla Regis prodeunt” del secondo quadro, per poi ascendere al loggione per raffigurare gli angeli che nel finale intonano “Laudato sii, Signore”. Al termine il numeroso pubblico (si contano solo pochi posti rimasti liberi) acclama interpreti e direttore con scroscianti applausi. Il regista viene accolto da un’appassionata ovazione degli spettatori e da un affettuoso abbraccio della protagonista, che confermano il successo pieno dello spettacolo.

Photo: Roberto Moro

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