Verona | Fondazione Arena di Verona | 19 luglio 2024, ore 21.15
101° Arena di Verona Opera Festival
La Bohème
Opera in quattro quadri su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Musica di Giacomo Puccini
Mimì Juliana Grigoryan
Musetta Eleonora Bellocci
Rodolfo Vittorio Grigòlo
Marcello Luca Micheletti
Schaunard Jan Antem
Colline Alexander Vinogradov
Benoit Nicolò Ceriani
Alcindoro Salvatore Salvaggio
Parpignol Riccardo Rados
Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici della Fondazione Arena di Verona | Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Coro di voci bianche A.Li.Ve. | Direttore Paolo Facincani
Direttore Daniel Oren
Regia Alfonso Signorini | Scene Guillermo Nova | Coordinamento costumi Silvia Bonetti | Luci Paolo Panizza Coordinatore del Ballo Gaetano Bouy Petrosino
Direttore Allestimenti scenici Michele Olcese
Nuova Produzione
***
“Pas de musique, pas de bruit, pas de bohème”
Queste le ultime parole dello scrittore francese Henry Murger, parole di addio alla sua tanto amata e bestemmiata Vie de Bohème, quella “vie charmante, vie terrible” che vivono a Parigi (e dappertutto) i giovani artisti alle prime armi, tra vicissitudini liete e tristi, successi e fallimenti, amori e dolori. Quadri di vita che conquistano il compositore lucchese, forse ricordandogli i suoi esordi milanesi, e lo inducono a riprendere in mano il romanzo che, con la collaborazione di Illica e Giacosa, diventa una delle opere liriche più amate. Nel 101mo anno di Festival, Arena di Verona omaggia a più riprese Giacomo Puccini dall’inaugurazione con Turandot nell’allestimento di Zeffirelli alla Tosca di Hugo de Ana, per arrivare a questa nuova produzione di Bohème affidata alla regia di Alfonso Signorini. Il giornalista e conduttore televisivo nelle sue note di regia ci promette uno sguardo meno “angelicato” sulla figura di Mimì e nei primi minuti dell’opera ci offre la possibilità di coglierla mentre dalla sua “bianca cameretta”, collocata sopra l’appartamento dei quattro artisti, ne spia i movimenti e le conversazioni, cercando il momento migliore per andare a trovare il suo futuro amore. Ottimo approccio registico che, però, rimane l’unica trovata nell’intera lettura dell’opera che per il resto procede in maniera più che convenzionale, con un secondo quadro al limite del caos (anche la banda interna ne pagherà le conseguenze) e interazione tra i personaggi ridotta all’osso.
Ad ogni modo la produzione funziona per almeno tre motivi. Primo, Bohème funziona e basta. In secondo e terzo luogo, il buon cast l’ha fatta funzionare e il team registico ha arredato la messa in scena con una ricchezza di dettagli sufficiente a dare all’opera il carattere di vita vera che richiede. La Bohème colpisce l’ascoltatore con il ritmo vivo degli oggetti: gli strumenti artistici di Rodolfo e Marcello, la chiave di Mimì, la candela, la sua cuffietta, le scarpe e i gioielli di Musetta in pegno, la zimarra di Colline e, soprattutto, quel piccolo manicotto. Il soprano Juliana Grigoryan (reduce dal Requiem di Mozart scaligero)è una Mimì convincente. La sua voce è ricca, scorre con fraseggio e precisione, trasmettendo emozioni amore, speranza e sofferenza senza essere vittima. Al contrario, la Grigoryan si fa interprete della vita di una giovane e semplice ragazza che racconta la sua storia, la sua vita e, dal terzo quadro, prende consapevolezza del suo declino che la porterà al “tramonto” con la sua aria Sono andati?, un pianto senza lacrime, ma con il nodo in gola!
Nel ruolo di Musetta, il soprano Eleonora Bellocci fa esattamente ciò che Musetta dovrebbe fare, ovvero rubare la scena, almeno per un atto. La sua agilità vocale e il suo dinamismo rimangono ben saldi dal suo fascinoso e impeccabile Valzer in poi. Nel quarto quadro, colpisce la capacità di far trasparire dalla sua voce un’amichevole complicità nei confronti di Mimì, si percepisce l’amore per lei nel momento più terribile della sofferenza umana.
Il Rodolfo “a tutto gas” di Vittorio Grigòlo, mostra energia e carisma, conquistando il pubblico dalle prime note, pur con qualche libertà ritmica di troppo. Ad ogni modo, coglie e restituisce la giusta combinazione degli eccessi espressivi del poeta e colpisce nel segno la sua reazione di sconforto alla tragica morte di Mimì. Anche il resto della squadra del poeta offre ottime prestazione. Luca Micheletti è un valido Marcello. Il suo duttile baritono si distingue senza particolari problemi, riuscendo a servire al meglio la sua linea di canto, a gestire ottimamente i momenti d’assieme e ad alleggerire gli umori con l’ironia del pittore “da bottega”. Jan Antem nel ruolo di Schaunard è gioviale, con voce piena di vita e di carattere. Il Colline di Alexander Vinogradov riesce a conquistare il suo momento di gloria (Vecchia zimarra senti), con un’adeguata gravitas laico-ecclesiastica.
La concertazione del tutto è affidata alla sapiente bacchetta di Daniel Oren. La sua lettura di quest’opera non lascia spazio a interpretazioni che possano intralciare la scrittura di Puccini, i dettagli sfumati che catturano brillantemente l’emotività umana attraverso l’amore e la perdita. Ne La Bohème non c’è un cattivo, ma amore. Non c’è paradiso, ma perdita. E Oren ha messo in luce queste verità. Orchestra e cori si sono districati con grande sicurezza e generosità nel viaggio attraverso la partitura. Tutte le sezioni, dagli archi ai legni, dagli ottoni (ottimi!) alle percussioni, hanno dato prova di un suono genuinamente caldo e brillante. Insieme, hanno incarnato con intensità il sentimento di malinconia che prende tutti noi accanto al letto di Mimì.
Così Francesco Pagni, pittore caro amico di Puccini, racconta il momento in cui La Bohème fu conclusa: “Quando caddero gli accordi laceranti della morte, un brivido ci percosse e più nessuno di noi seppe frenare le lacrime. La soave fanciulla, la nostra Mimì giaceva, fredda, sul povero lettuccio e più non avremmo udito la sua voce. La visione ci apparve: Rodolfo, Marcello, Schaunard, Colline erano le nostre figure, Mimì, la nostra amante di un tempo o di un sogno, e tutto quello strazio il nostro strazio stesso”. Lo spettacolo finisce più tardi del previsto a causa di un temporale che ha fatto slittare l’inizio di un’ora circa e di un’altra breve precipitazione tra il primo e secondo quadro. Ciò nonostante, pubblico numeroso e successo caloroso per le maestranze artistiche (doverosamente chiamate alla ribalta), per i solisti e per il direttore.
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