Verona, Teatro Filarmonico, domenica 21 gennaio 2024, ore 15.30
Die Zauberflöte | Il Flauto magico
di Wolfgang Amadeus Mozart
DIRETTORE Gianna Fratta
REGIA, SCENE E COSTUMI Ivan Stefanutti
LUCI Emanuele Agliati
SARASTRO Alexander Vinogradov
TAMINO Matteo Mezzaro
REGINA DELLA NOTTE Anna Siminska
PAMINA Gilda Fiume
PRIMA DAMA Marianna Mappa
SECONDA DAMA Francesca Maionchi
TERZA DAMA Marta Pluda
PAPAGENA Giulia Bolcato
PAPAGENO Michele Patti
MONOSTATOS Matteo Macchioni
Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Allestimento in coproduzione tra i Teatri di OperaLombardia, Fondazione Teatro Verdi di Trieste e Opera Carolina
In occasione del Festival Mozart a Verona 2024
“Un mese di eventi per rendere omaggio al genio salisburghese”, questa la breve ma efficace descrizione del festival “Mozart a Verona”, che celebra il soggiorno scaligero del compositore avvenuto nel suo viaggio in Italia, nel 1770. Dal 5 al 31 gennaio il programma prevede venticinque enti coinvolti e trentacinque appuntamenti, con Mozart e la sua musica al centro della scena. Tra questi, la fondazione Arena di Verona propone Die Zauberflöte, Il Flauto Magico, nel suo programma invernale al Teatro Filarmonico. Il Singspiel in due atti è presentato in un allestimento coprodotto con i Teatri di OperaLombardia, Fondazione Teatro Verdi di Trieste e Opera Carolina, che si caratterizza per la scelta di proporre il recitato nella traduzione italiana di Stefano Simone Pintor.
Ivan Stefanutti cura regia, scene e costumi, e riesce a proporre uno spettacolo colorato e vivace, dall’ambientazione suggestiva e favoleggiante. Il clima è sempre leggero, tra il buffo e il bizzarro, eppure non manca quella componente di mistero che lo scenario dell’Oriente, oggi come nel Settecento, si porta magicamente appresso. Le scene sono funzionali alla vicenda, i costumi coloratissimi e il tono dell’interpretazione registica è sì brillante, ma sempre misurato, con buona aderenza alle indicazioni del libretto. Eccellente inoltre il lavoro di Emanuele Agliati, alle luci. Bene il cast, composto da giovani artisti che si cimentano in performance di livello sia musicalmente, sia nel rilevante spazio del recitato. Mi si conceda a riguardo una personalissima riflessione. Non v’è dubbio che la traduzione dei testi autografi rappresenti una variazione del lavoro originale, e che come spesso accade (anche in altre forme d’arte) la trasposizione linguistica possa attenuare – specie in alcuni tratti – il pregio artistico dei versi. Va però soppesato tale effetto con l’ingente vantaggio che il pubblico può trarre dal ravvicinamento linguistico dei dialoghi e, di conseguenza, di tutta l’azione. Un vantaggio concreto il cui valore si misura non solo guardando all’evento specifico, ma soprattutto calandolo nel più vasto (e complesso) tema del rapporto tra la società odierna e l’Opera stessa. Ben venga dunque, a mio avviso, la versione tradotta scelta dalla fondazione, frutto peraltro di un ottimo lavoro.
Matteo Mezzaro è nel ruolo di Tamino, e mette in campo con professionalità un timbro piacevole ed una buona interpretazione musicale, che si completano con un’ottima presenza scenica. Eccellente la prova di Gilda Fiume, che nei panni di Pamina sorprende per la grande musicalità con cui affronta la parte; bene anche per lei l’interpretazione del personaggio. La temuta regina della notte è invece Anna Siminska, che si dimostra determinata e capace, impersonando con carattere la celebre parte. Bene l’attesissima aria seconda, in cui il temperamento dell’interpretazione prevale su piccole imprecisioni, che si dimenticano in fretta. Spicca senz’altro, nella compagnia, il frizzante Papageno di Michele Patti, che con una combinazione vincente di capacità vocali e sceniche conquista presto l’apprezzamento del pubblico. Il suo personaggio è divertente e coinvolgente, tanto nelle arie quanto nei buffi dialoghi che il copione gli riserva. Al suo fianco, Giulia Bolcato è una Papagena altrettanto riuscita, ben calata nel ruolo e a cui non mancano notevoli doti vocali. Severo ed incisivo il Sarastro di Alexander Vinogradov, che ottiene dal pubblico un riconoscimento particolarmente caloroso, e bene le dame: Marianna Mappa, Francesca Maionchi e Marta Pluda. Apprezzabile il contributo di Matteo Macchioni, che dipinge un riuscitissimo Monostatos. Indubbiamente meritevole di menzione il terzetto di voci bianche nei panni dei “genietti”: Jacopo Lunardi, Lorenzo Pigozzi ed Erika Zaha.
Sotto la guida di Gianna Fratta, l’Orchestra della Fondazione Arena di Verona è capace di una performance di livello, che si distingue per la qualità e la bellezza del suono. Bene l’insieme e piacevole la lettura musicale, curata e sempre sobria. Abbastanza equilibrato il bilanciamento tra buca e palcoscenico. Sul piano dei tempi, le scelte sono talvolta meno concitate di quanto non si sia abituati a sentire, ma non per questo il risultato è meno efficace. Molto bene il Coro della Fondazione, preparato dal Maestro Roberto Gabbiani. Domenica 21 gennaio il teatro è pressoché al completo, e registra un generale apprezzamento del pubblico per il cast e per la produzione. Ultime due repliche questa sera, venerdì 26 e domenica 28.
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