Verona, Teatro Filarmonico, domenica 19 settembre 2023, ore 15.30
Il Parlatore eterno, di Amilcare Ponchielli
Edizione a cura di Angelo Rusconi
Direttore Gianna Fratta
Regia Stefano Trespidi
Scene Filippo Tonon
Luci Paolo Mazzon
Lelio Cinguetta Biagio Pizzuti
Susetta Grazia Montanari
Dottor Nespola Maurizio Pantò
Aspasia Francesca Cucuzza
Sandrina Sonia Bianchetti
Egidio Salvatore Schiano di Cola
Caporale dei Gendarmi Francesco Azzolini
Il Tabarro, Opera in un atto di Giacomo Puccini
Strumentazione per orchestra ridotta di Ettore Panizza – Edizioni Ricordi
Direttore Gianna Fratta
Regia Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi
Scene Leila Fteita
Costumi Silvia Bonetti
Luci Paolo Mazzon
Michele Gevorg Hakobyan
Giorgietta Marta Torbidoni
Luigi Samuele Simoncini
Il Tinca Saverio Fiore
Il Talpa Davide Procaccini
La Frugola Rossana Rinaldi
Venditore di Canzonette/Secondo Amante Matteo Macchioni
Prima Amante/Voce di Sopranino Grazia Montanari
Voce di Tenorino Dario Righetti
Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Allestimenti della Fondazione Arena di Verona
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La stagione d’Opera al Filarmonico procede riprendendo il dittico “Il Parlatore eterno” – “Il Tabarro”, proposto con successo in streaming nel 2021. Senza restrizioni e senza compromessi la duplice produzione della fondazione Arena conquista nuovamente l’apprezzamento del pubblico, divertito e coinvolto da un accostamento forse inusuale, ma di certo efficace.
A dare inizio allo spettacolo è l’opera buffa di Ponchielli, una chicca unica nel suo genere, per lungo tempo dimenticata. Fatta eccezione per una rappresentazione del 2006 al teatro sociale di Lecco, dove il titolo debuttò nel 1873, quella Veronese è infatti l’unica produzione in tempi moderni. Lo “scherzo musicale” è il racconto avvincente di una vicenda tanto breve quanto bizzarra, che ruota attorno alla figura di un loquace ed eccentrico medico. Eccentrico al punto da non lasciare quasi spazio a nessun altro personaggio: la peculiarità dell’opera sta proprio nel fatto che Lelio Cinguetta – non ammettendo replica ai suoi prolissi monologhi – domina la scena dall’inizio alla fine, zittendo prontamente chiunque tenti d’aprir bocca. Il ruolo del “Parlatore”, più centrale che mai, spetta al baritono Biagio Pizzuti, che con carisma e talento mette in piedi un piacevolissimo One man show. Il timbro è bello, l’accento curato e la lettura musicale attenta e divertente, così come la presenza scenica. Bene il resto del cast, che contribuisce con professionalità nei rari tratti in cui la partitura concede qualche battuta ai restanti personaggi. Susetta è Grazia Montanari, suo padre il Dottor Nespola è Maurizio Pantò, la madre Aspasia Francesca Cucuzza. Sonia Bianchetti è invece nei panni di Sandrina, Salvatore Schiano di Cola in quelli di Egidio e il caporale dei Gendarmi è Francesco Azzolini. Apprezzabile anche l’intervento del Coro della fondazione Arena, preparato da Roberto Gabbiani e schierato tra la scenografia di fondo e i palchetti della barcaccia.
La regia di Stefano Trespidi è nel complesso sobria e funzionale allo svolgersi della vicenda, così come le scene curate da Filippo Tonon. L’ambientazione, che vuole essere senza dubbio irreale come la storia che si racconta, colloca i caratteri in una sorta di teatrino dove spiccano i colori dei costumi di scena. L’impostazione non cambia molto nel corso dell’atto unico, come ci si poteva attendere, ma il tutto funziona con spigliatezza e vivacità, in perfetta sintonia con l’indole scherzosa dell’opera.
Con il secondo titolo in programma, Il Tabarro, non cambiano solamente luogo e periodo storico, ma ci si ritrova presto in un contesto musicale e teatrale diametralmente opposto. L’opera, anch’essa in un atto, è forse uno dei lavori più riflessivi di Puccini. Un pannello tragico denso e cupo, in cui non spiccano di certo quegli elementi melodici, cantabili, che tanto si accostano all’autore e al periodo. Lo stile pare invece dettato dalla ricerca di una sonorità drammatica, tenebrosa, con lunghi suoni statici che accompagnano inesorabili gli eventi.
La regia è di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi, che con le scene di Leila Fteita ricostruiscono con realismo e fedeltà l’ambientazione parigina, sulle rive della Senna. Anche in questo caso il quadro è perlopiù statico, con movimenti scenici essenziali ma sempre funzionali all’azione. Le luci del tramonto illuminano il palco quanto serve per poter scorgervi i soggetti, mantenendo la scena in un’ombra generale che ben si sposa con il clima musicale. Peccato solo per certi scricchiolii del palco, che hanno accompagnato quasi tutta l’esecuzione.
Successo per il cast, che vede Gevorg Hakobyan impegnato nel ruolo del padrone Michele. La performance è convincente, il personaggio riesce e la prova vocale non delude. Hakobyan mette in campo un timbro profondo e severo, che sfrutta con tecnica e gusto. Al suo fianco, Marta Torbidoni è una Giorgetta ben calata nel ruolo, di apprezzabile presenza scenica e buono strumento vocale. Convince anche Samuele Simoncini, che nei panni di Luigi dimostra notevole capacità tecnica, timbro curato e intensità sonora. Gradevole anche la sua prova scenica, che come per gli altri contribuisce a creare un coinvolgente climax sul palco. Bene anche il Tinca di Saverio Fiore, il Talpa di Davide Procaccini e la Frugola, Rossana Rinaldi. Completano egregiamente il cast il venditore di canzonette (nonché secondo amante) di Matteo Macchioni, la prima amante (voce di soprano) Grazia Montanari e la voce di tenorino di Dario Righetti.
Per entrambi i titoli la direzione musicale è di Gianna Fratta, che guida l’Orchestra della fondazione Arena in un’interpretazione musicale efficace e curata, tanto nel genere più leggero quanto in quello più tragico. Il suono è bello, coeso e dalle apprezzabili sfaccettature dinamiche, seppur con momenti di intensità sonora forse sproporzionata (a scapito del palco). Meritevoli in ambedue le scene le luci di Paolo Mazzon.
Generale apprezzamento da parte del pubblico, che si mostra coinvolto dalla proposta di un dittico interessante e di certo vario. Nel pomeriggio di domenica 19 settembre, per la prima, il teatro conta una buona partecipazione, con anche qualche spettatore che – vista l’occasione – sfila in platea indossando il tabarro.
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