Verona, Teatro Filarmonico, 22 settembre – ore 20,30
Accademia Filarmoncia di Verona
Il Settembre dell’Accademia 2024
Wiener Symphoniker
Petr Popelka direttore
Anna Vinnitskaya pianoforte
Pëtr Il’ič Čajkovskij Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in si bemolle minore Op. 23
Béla Bartók Concerto per orchestra
(ph Cassin Brenzoni)
Il Settembre dell’Accademia ha ospitato domenica 22 settembre 2024 (ore 20,30) i Wiener Symphoniker con solista l’affascinante pianista russa Anna Vinnitskaya, proponendo due pagine musicali famosissime e molto amate in cui è necessario combinare virtuosismo ed espressività: il Concerto per pianoforte e orchestra n.1 in si bemolle minore Op.23 di Pëtr Il’ič Čajkovskij, e il Concerto per orchestra di Béla Bartók. Pagine musicali composte da due autori dell’Europa dell’Est, a settant’anni di distanza l’una dall’altra, ma entrambe eseguite la prima volta nella “più europea delle città statunitensi”: Boston. I Wiener Symphoniker, fondati nel 1900, sono la più attiva orchestra sinfonica di Vienna, ora diretta per la stagione 2024/2025 dal ceco Petr Popelka, mentre la solista della serata, Anna Vinnitskaya, è una delle più accalamate pianiste russe, vincitrice nel 2007 del prestigioso Queen Elisabeth Competition. La prima parte del concerto è appunto tutta dedicata ad uno dei più grandi capolavori della musica romantica, il Concerto per pianoforte n.1 in si bemolle minore, op.23 di Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893).
Scritto tra la fine del 1874 e gli inizi del 1875, il Concerto n.1 op.23 è tra le più note composizioni di Čajkovski e tra i concerti per pianoforte ed orchestra più eseguiti. I famosissimi accordi iniziali con i quali viene introdotto il pianoforte risuonano precisi e rotondi sotto le mani della pianista Vinnitskaya, che attira subito l’attenzione del pubblico.
Il primo movimento, che dura più della metà dell’intera composizione, contiene un grande numero di invenzioni melodiche e popolari tra le più geniali di tutta la musica ciaikovskiana. Nonostante la sua ampiezza, l’esecuzione scorre piacevolmente. Nel secondo movimento prendono spazio i colori dell’orchestra. Il gioco dei timbri tra archi e fiati viene magistralmente interpretato dal direttore Petr Popelka, che esprime al meglio l’idea onirica dell’inizio dell’Andantino. La contrapposizione con i passaggi virtuosistici viene resa quasi impercettibile grazie ad un tocco brillante ma non scavato della pianista, che ricerca un dialogo continuo e armonioso con l’orchestra.
Il terzo movimento, con i suoi accenti quasi grotteschi e lo stile rapsodico, conduce l’ascoltatore verso un grandioso elogio del romanticismo russo per eccellenza. Lo slancio ritmico del pianoforte che si intreccia con i virtuosismi orchestrali conclude questa prima parte del concerto in grande stile.
Ogni nota viene esposta con grande chiarezza tecnica e di fraseggio e una gestione dei tempi intelligente e non esagerata permette alla pianista una ragguardevole precisione agogica, seppur nell’ultimo movimento avrebbe potuto azzardare un pizzico di impulsività in più.
Il pianismo di Vinnitskaya non si smentisce, un’esecuzione degna di una grande pianista russa che porta avanti un’indiscussa tradizione ma che, nel contempo, riesce ad essere ricca di nuove idee e stimoli musicali, espressi al meglio anche nei due bis: “Aprile” dalle Stagioni sempre di Pëtr Il’ič Čajkovskij e la Romanza senza parole Op.64 n.4 di Felix Mendelssohn.
La seconda parte è tutta dedicata all’orchestra. Il Concerto per orchestra, BB 123 (SZ 116) di Béla Bartók (1881-1945) è infatti un brano dove il ruolo virtuosistico e concertante delle diversi sezioni strumentali è preponderante. Bartók lo scrive nel 1943 durante i difficili anni del suo esilio americano. Sebbene si percepisca un discostamento dai suoi tratti più spregiudicati, Bartók non rinuncia ai suoi elementi più caratteristici. Nei cinque movimenti che lo compongono infatti possiamo ascoltare una forte asimmetria ritmica, la presenza di ostinati e fugati e la ricorrenza di motivi chiaramente ispirati alla sua terra: l’Ungheria. I Wiener Symphoniker esprimono tutta la loro compattezza, con una sezione fiati impeccabile (necessaria per la buona riuscita di questo repertorio) e una fantasiosa sonorità. Sembra infatti di ascoltare il suono di differenti orchestre nella sola esecuzione di questi movimenti. La direzione chiara, pulita e senza infiorettature di Petr Popelka lascia un’impronta di indubbia consapevolezza e conoscenza musicale. Il pubblico entusiasta acclama ben due bis che i Wiener Symphoniker dedicano alla loro amata tradizione con due brani di Strauss padre e figlio.